DOMENICA 17 Novembre
Riferimenti alle letture: Ml 3,19-20a; Sal 97,5-9; 2Ts 3,7-12; Lc 21,5-19
Commento delle letture:
VIVIAMO IL PRESENTE NEL TIMORE DEL SIGNORE
L‘ANNO liturgico volge al termine e la parola di Dio orienta lo sguardo verso il futuro, non per svelarci ciò che accadrà negli ultimi tempi, ma per mostrarci come vivere il presente nella speranza. Gesù (Vangelo) invita a non lasciarsi ingannare né terrorizzare da quanto accade nel tempo. Ogni epoca storica è caratterizzata da eventi drammatici, come guerre, persecuzioni e calamità naturali. Il senso della nostra vita, però, riposa altrove: nel Padre che custodisce ogni capello del nostro capo. «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita»: solo perseverando nella relazione con il Signore potremo trovare il senso della nostra vita, pur attraversando quelle situazioni oscure e difficili che la storia non ci risparmia. Più che cercare in modo vano di indovinare ciò che accadrà in futuro, dobbiamo vivere con responsabilità il tempo presente, come Paolo (II Lettura) esorta a lavorare senza ozi e pigrizie. Infatti, afferma il profeta Malachia (I Lettura), chi vive nel timore del Signore (cioè nella fede) non rimane nell’oscurità della notte, ma riceve i «benefici del sole di giustizia». (da La Domenica)
RIFLESSIONE
Il brano del Vangelo odierno è di difficile comprensione. Per poterne cogliere adeguatamente il senso, riteniamo opportuno fare due premesse.
a) Il discorso sugli avvenimenti ultimi della storia, (escatologia), ha un posto rilevante nella Bibbia. Essi sono descritti con un genere letterario particolare che fa leva su catastrofi e disgrazie immani, le quali non sono da considerarsi eventi futuri, ma piuttosto come scenario, clima che mira a sottolineare l’attesa dell’intervento decisivo di Dio.
b) Il discorso di Gesù sugli avvenimenti ultimi della storia è riportato dai tre evangelisti: Matteo, Marco e Luca, ma con una differenza. In Matteo e Marco la fine del mondo è vista in connessione con la distruzione del tempio e di Gerusalemme (cf.Mt 24,5-44; Mc 13,1- 27). Luca invece scrive il suo Vangelo dopo il 70 d.C, quando cioè la distruzione di Gerusalemme e del tempio è evento realizzato. Egli quindi distingue: l’evento contemporaneo, la distruzione del tempio e di Gerusalemme ( e qui la profezia di Gesù è riletta dopo la sua realizzazione), e l’evento concernente la fine del mondo con l’apparizione del Figlio dell’uomo, cioè di Gesù. In Luca, poi, la fine del mondo non è vista vicina come nel Vangelo di Marco. Pertanto anche i segni del suo preannunzio hanno connotazioni diverse da quelle presentate da Marco. Queste differenze si spiegano alla luce delle finalità proprie di ciascun evangelista; esse non toccano la sostanza del messaggio di Gesù.
Tenendo in conto tali premesse, vogliamo offrire qualche riflessione sul brano evangelico odierno.
Il tempio a cui Gesù fa riferimento era ritenuto una delle sette meraviglie del mondo. Tra gli israeliti era comune il proverbio che affermava: “Chi non ha visto Gerusalemme in tutto il suo splendore, non ha visto nulla di bello nella vita. Chi non ha visto il Santuario nella sontuosità dei suoi addobbi, non sa cosa sia il fascino di una città”. Ma è da ricordare che per gli ebrei il tempio era il punto di riferimento per la loro vita e per quella dell’umanità intera. Ad esso infatti erano connesse la legge di Dio, le sante prescrizioni del culto. Con la sua distruzione si relazionava la stessa fine dell’universo.
Pertanto l’annunzio di Gesù circa la sua distruzione desta grande sorpresa nell’animo degli ascoltatori. Da qui la loro domanda: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”.
Gesù non risponde alla domanda, ma fa alcuni avvertimenti significativi, concentrando l’attenzione sul presente. Egli mette innanzitutto in guardia dai falsi messia, da coloro che vengono dichiarandosi mandati da Dio, salvatori. Gli atti degli Apostoli ne menzioneranno due: un certo Teuda (At 5,36) e Giuda il galileo (At 5,37).
Gesù presenta, poi, un quadro di avvenimenti bellici (vv 9-10) e tellurici (v.11). Essi sono segni premonitori dello scandalo della morte di Gesù sulla croce e del suo rifiuto. Sono allo stesso tempo segni premonitori della fine del mondo.
In questo contesto Gesù avverte i suoi discepoli che saranno perseguitati; ma ricorda che Egli sarà sempre con loro: nei tribunali suggerirà loro le parole opportune per la loro difesa. Essi parleranno con la forza e la potenza che viene dallo Spirito Santo (cf. Lc 12,12). Il loro martirio sarà più eloquente della loro predicazione. Le persecuzioni si trasformeranno in occasione di testimonianza.
Questi avvertimenti invitano il discepolo a rimanere fermo, ancorato alle parole di Gesù. Indicano il modo come occorre vivere l’attesa escatologica. Essa non deve distogliere dagli impegni nel mondo: bisogna viverla nel presente della storia con perseveranza. L’attesa è tempo della perseveranza. Si attende la venuta del Signore testimoniando e perseverando nella fedeltà al Signore.
Il discorso di Gesù vuole incoraggiarci più che intimorirci. Esso è rassicurante: ci ricorda che nel nostro cammino non siamo soli. Egli cammina con noi. Il cristiano, quindi, vive sereno e fiducioso anche in mezzo a tutte le difficoltà che dovrà affrontare per essere fedele al Signore.
PREGA CON IL VANGELO
In un mondo che va in frantumi per l’usura del tempo e
la malvagità dilagante tu ci chiedi, Signore, di rimanere
ancorati a te. Nella nostra storia intrisa di odi e di inganni,
di fatti terrificanti e di tradimenti, tu ci ripeti:
Non abbiate paura! Metti sul nostro labbro la parola sapiente,
nella nostra mente la luce del discernimento, nel nostro cuore
il coraggio di testimoniare la forza disarmata dell’amore.