DOMENICA 10 Novembre
Riferimenti letture: 2Mac 7,1-2.9-14; Sal 16,1.5-6.8.15; 2Ts 2,16 – 3,5; Lc 20,27-38
Commento alle letture:
DAVANTI A TE, PADRE, ANCHE I MORTI VIVONO
NEL Nuovo Testamento la fede nella risurrezione dei morti è fondata sulla risurrezione di Gesù. Il brano di Luca (Vangelo) è l’unico testo in cui la risurrezione, anziché sulla Pasqua di Gesù, si fonda su altro: la fedeltà di Dio alla nostra vita. Emerge così quale sia stata la consapevolezza interiore con cui Gesù stesso ha affrontato la morte, certo che il Padre non lo avrebbe abbandonato alla corruzione del sepolcro. Se la morte ci può strappare a una persona cara, non può strapparci dalle mani di Dio, che è fedele e ha legato per sempre il suo nome al nostro. Egli è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di ciascuno di noi. Siamo suoi figli e l’appartenenza alla fedeltà del suo amore è più forte di ogni separazione, inclusa la morte. Per questo motivo, afferma Gesù, se siamo figli di Dio siamo anche figli della risurrezione, perché apparteniamo al Dio fedele, al Dio della vita. Con questa fede si possono vivere nella speranza situazioni di crisi, di prova, persino di persecuzione (I Lettura), perché – ricorda san Paolo nella II Lettura – «il Signore è fedele… egli vi custodirà dal Maligno» e da ogni altra forma di male. (da La Domenica)
RIFLESSIONE
Ci avviciniamo al termine dell’anno liturgico. Siamo invitati a riflettere sulla morte e sull’al di là. Alla nostra considerazione la liturgia di oggi propone il brano del Vangelo di Luca dove viene affrontato il tema della risurrezione dei morti. Si tratta di un argomento discusso nel giudaismo al tempo di Gesù. In merito si contrapponevano due gruppi: i farisei che credevano alla resurrezione dei morti e i sadducei che la negavano. Sono proprio questi ultimi che pongono a Gesù un caso del tutto grottesco, ma basato sulla legge del levirato ( cf. Dt 25,5), secondo la quale un fratello deve sposare la cognata rimasta vedova senza figli. Il caso, così come è presentato a Gesù, è volto a ridicolizzare la credenza nella risurrezione; infatti riguarda una donna che aveva avuto successivamente come marito sette fratelli. La domanda postagli è insidiosa: “Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie?”
La risposta di Gesù si snoda in due parti.
Nella prima afferma che la condizione della vita dei risuscitati non va concepita come il prolungamento di quella dell’al di qua. I due mondi, quello presente e quello dell’al di là, sono differenti. La vita futura è una vita nuova, è un nuovo modo di vivere. La difficoltà dei sadducei pertanto non esiste. Il matrimonio scomparirà; non ci sarà più la necessità di generare. Coloro che risusciteranno non saranno più sottomessi alle leggi biologiche di questo mondo. Essi saranno come gli angeli, cioè immortali e liberi da tutti gli impulsi di questo mondo. Inoltre, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. L’espressione figli della risurrezione è un modo di dire semitico che equivale a “risuscitati”. Gesù vuole asserire che la risurrezione farà apparire in senso pieno il nostro essere figli di Dio. Lo si è già in questo mondo, ma non nella piena manifestazione della partecipazione della vita e della gloria di Dio.
Nella seconda parte Gesù attesta la sicurezza di tale destino sull’autorità della Scrittura, intesa come parola di Dio. In questo modo il suo argomentare si contrappone a quello dei sadducei; essi si fondavano sulla parole della legge di Mosè per mostrare l’incongruenza della credenza nella risurrezione. Gesù fa appello all’affermazione di Mosè che a proposito del roveto, chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe ( Es 3,6). Il fatto che Dio si presenta a Mosè come il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe significa che Egli si sente in rapporto vitale con i patriarchi morti da centinaia di anni; significa che essi continuano a vivere in comunione con Lui. Infatti Dio, che è il vivente, la sorgente di ogni vita, non può associarsi a dei morti.
Gesù conclude: “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui”. Egli dichiara non solamente che tutti vivono per mezzo di Dio, ma anche che il termine della vita di ogni uomo è Dio. La risurrezione non è soltanto una questione antropologica, vale a dire un problema che concerne l’uomo e il suo destino. Essa riguarda anzitutto la relazione con Dio, sorgente e meta di ogni vivente.
– La risurrezione è il centro della fede cristiana: “Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede” (1 Cor 15,16). Gesù è risuscitato dai morti “primizia di coloro che sono morti” ( 1 Cor 15,20); è “primogenito di coloro che risuscitano dai morti” (Col 1,18).
– Nella nostra società è attuale la tentazione di ragionare da “nuovi sadducei”. Ci si crede “signori” della propria vita; si vive come se ciò che conta è qui, in questo mondo, e qui, in questa vita, finisce.
Il Signore ci ricorda che siamo pellegrini, in cammino verso la patria del cielo, dove vivremo da risorti con Cristo, primizia dei risorti. Credere nella risurrezione futura, però, non significa svuotare la vita presente o perdere di vista i nostri impegni quotidiani. Significa invece riempire il nostro vivere quotidiano di senso e di valori.
PREGA CON IL VANGELO
Dio dei nostri padri, Dio di Abramo,
di Isacco e di Giacobbe, Dio delle
generazioni che sono state e che
saranno fino alla fine dei tempi, tu
sei il Dio dei viventi, non degli estinti.
Siamo i tuoi figli generati nel sangue
del tuo unigenito Figlio, partecipi fin
d’ora della sua vittoria come figli della
risurrezione. Donaci energia di vita
perché brilli sul nostro volto la luce
del mondo futuro e la nostra parola
accenda di speranza i cuori degli uomini
assetati di eternità.