DOMENICA 9 Febbraio
«VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA E LA LUCE DEL MONDO»
NELLE opere della penitenza quaresimale Gesù chiede ai discepoli il digiuno, la preghiera e le opere di carità, compiute nel segreto per ottenere la ricompensa del Padre. Nella liturgia odierna sembra quasi che il Signore rovesci questo insegnamento. Per dare luce al mondo, immerso nelle tenebre e senza luce propria, sono necessarie le opere buone dei fedeli, così la I Lettura: «Se aprirai il tuo cuore all’affamato, allora brillerà fra le tenebre la tua luce». Ma solo Dio è Luce che non tramonta. Per questo ha inviato il suo Figlio quale «Luce delle nazioni» (Lc 2,32). E i cristiani, “figli della luce” (Ef 5,8), devono diventare “sale della terra” e “luce del mondo” attraverso gli atti di amore e di giustizia graditi a Dio. Essi possono irradiare la luce che deve splendere davanti agli uomini perché vedano le loro opere buone e diano gloria al Padre che è nei cieli (Vangelo) percorrendo la via privilegiata della testimonianza. Benedetto XVI diceva: «L’uomo incontra Dio attraverso un uomo che ha incontrato Dio». La luce del Padre sfolgora nel mondo nelle opere dei suoi figli (II Lettura). (da La Domenica)
COMMENTO
Dopo aver proclamato le beatitudini Gesù si rivolge ai suoi discepoli che l’hanno accolto e dice loro:
“«Voi siete il sale della terra»”. Qual è il significato di questo sale? Da sempre nell’antichità il sale aveva
il significato di quello che conserva gli alimenti. Gli alimenti, non esistendo i frigoriferi, si mettevano
sotto sale e questo permetteva loro di essere conservati.
Da questo fatto di conservare gli alimenti poi il sale passò, in maniera figurata, a rappresentare ciò che
rende valida e vera un’alleanza. Ad esempio per dare valore e validità continua a un documento, si
spargeva sopra del sale.
Allora questo sale, nell’Antico Testamento, è diventato addirittura il segno dell’alleanza di Dio con il suo
popolo. Nel libro del Levitico, per esempio, si legge: “Non lascerai mancare il sale”, cioè la fedeltà,
“dell’alleanza del tuo Dio”. Quindi il sale rende valida e continua l’alleanza tra Dio e il suo popolo. Gesù
nelle beatitudini ha proclamato la nuova alleanza tra Dio e il suo popolo; ebbene, quelli che l’accolgono,
i discepoli, devono essere, col loro atteggiamento e con la loro vita, i garanti di tutto questo.
Quindi la fedeltà dei discepoli alle beatitudini rende valida la nuova alleanza e permette l’inaugurazione
del regno. Allora Gesù dice “«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore …»”, l’evangelista in
realtà adopera un verbo che non sia applica per le cose, ma per gli uomini, perché l’evangelista
letteralmente scrive “se il sale impazzisce”. Cosa significa questo ‘impazzire’?
Si rifà al termine ‘pazzo’ che poi ritroviamo nel capitolo 7 di questo vangelo, al versetto 26, dove Gesù
parla di un pazzo che è andato a costruire la sua casa sulla sabbia; quando è arrivata la fiumana la casa
stata travolta. E questo pazzo che costruisce sulla sabbia è colui che ascolta le parole del Signore, ma poi
1non le mette in pratica. Allora questo sale che impazzisce indica l’atteggiamento di quei discepoli che
accolgono con entusiasmo il messaggio di Gesù, ma poi non lo mettono in pratica. Quindi Gesù dice:
“«Se il sale impazzisce»”, cioè se non mettete in pratica queste mie parole, null’altro riesce a renderlo
salato.
“«A null’altro serve che ad essere gettato via»”, letteralmente l’evangelista scrive ‘fuori’, che nel vangelo
di Matteo ha sempre un significato di lontananza da Dio, quindi è sempre un significato negativo, “«e
calpestato»”, Matteo adopera un verbo che dà proprio l’idea di qualcosa che viene triturato, calpestato
“«dalla gente»”.
Cioè, se voi non siete fedeli, sta dicendo Gesù ai discepoli, a questa nuova alleanza, alle beatitudini, voi
che mi seguite, meritate soltanto il disprezzo della gente; la gente che attende da voi un’alternativa a
questa società, che attende da voi una modalità diversa nella vita, se vede che voi avete accolto questo
messaggio a parole, ma poi non lo praticate, rimane delusa e si perde. Quindi meritate il disprezzo.
Poi Gesù passa a un altro esempio, “«Voi siete la luce del mondo»”. Luce del mondo a quel tempo si
considerava Gerusalemme, si considerava Israele. Il profeta Isaia nel capitolo 60 scriveva,
“Cammineranno le genti alla tua luce”. Ebbene ora la luce del mondo non è più qualcosa di statico, ma
qualcosa di dinamico, il gruppo di discepoli che poi, alla fine del vangelo, Gesù li manderà ad annunziare
questa buona notizia.
E qui Gesù fa degli esempi riguardo questa luce. Dice che “«La lampada non si accende per metterla
sotto il moggio»”. Perché l’evangelista adopera questo termine ‘moggio’. Il moggio era il recipiente che
si adoperava per misurare o conservare i cereali, in particolare il grano. Ebbene il moggio è immagine di
quello che si dona, di quello che si dà. Il moggio allora non deve nascondere la luce, ma ne deve essere
l’espressione.
Questa luce si manifesta nel dono, nel donare se stessi. Infatti dice “«Ma sul candelabro, così fa luce a
tutti quelli che sono nella casa»”. Dice poi “«Risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano
le vostre opere buone»”. Ecco, la luce sono le opere buone. Sono le opere che manifestano questa luce.
Quindi Gesù non invita ad insegnare una dottrina, ma una pratica; la pratica delle beatitudini
manifesterà visibilmente chi è Dio, chi è l’uomo e sarà questa luce che inonda la società.
Ma queste opere che sono la luce del mondo, aggiunge Gesù, “«E rendano gloria al Padre vostro che è
nei cieli»”. Quindi non la propria gloria, la propria ammirazione. Gesù poi nel capitolo 6 rimprovererà gli
ipocriti, cioè teatranti, commedianti, e dirà: “«Guardatevi dal compiere le vostre buone opere davanti
agli uomini per essere da loro ammirati»”, questo è il peccato di idolatria.
L’ammirazione e la gloria di queste opere vanno dirottate, e per la prima volta nel vangelo di Matteo,
Dio viene presentato come Padre. Padre, nella cultura dell’epoca, è colui che genera e che comunica la
vita, “«al Padre vostro che è nei cieli»”. Quindi l’invito di Gesù è che la pratica delle beatitudini sia
questa luce che piano piano inonda la società che sta nelle tenebre e che è assetata della buona notizia.
(p. Alberto Maggi)