(9 maggio)
Cari amici dell’Università di Macerata, benvenuti!
Saluto di cuore tutti voi e ringrazio il Rettore per la sua introduzione. Mi ha colpito che, nel presentare il vostro Ateneo, lo ha fatto spaziando su un orizzonte molto ampio: l’amicizia tra occidente e oriente; l’incontro tra culture diverse; il dramma della guerra; il fenomeno migratorio – interessante la citazione di Seneca! –; la pace… Ma proprio questo, in effetti, è l’università! L’università è – o almeno dovrebbe essere – il luogo dell’apertura della mente agli orizzonti del sapere, agli orizzonti della vita, del mondo, della storia. Naturalmente a partire da una prospettiva precisa, dallo studio approfondito e metodico di un ambito disciplinare, ma sempre nell’apertura, sempre per una conoscenza del mondo e dell’uomo che sia integrale.
E questo orizzonte, per così dire, si raddoppia se pensiamo che ogni persona, dunque ogni studente e studentessa che attraversa la soglia dell’università e la frequenta per alcuni anni, ognuno di loro è, in sé stesso, un universo. Nell’università, dunque, si incontrano due universi: quello del mondo, del sapere, e quello dell’uomo; non dell’uomo generico, che non esiste, ma proprio di quella persona, di quel giovane, di quella giovane, con la sua storia e la sua personalità, i suoi sogni e le sue qualità intellettuali, morali, spirituali… , i suoi limiti. Ogni singola persona è un universo, che solo Dio conosce pienamente, con impareggiabile rispetto.
Questa, direi, è la sfida dell’università: far incontrare questi due orizzonti, quello del mondo e quello personale, perché possano dialogare, e da questo dialogo venga una crescita di umanità. Una crescita anzitutto della persona stessa dello studente, che si forma, matura in conoscenza e libertà, nella capacità di pensare e di agire, di partecipare in modo critico e creativo alla vita sociale e civile, con una propria competenza culturale e professionale. Mi vengono in mente le riflessioni di San John Henry Newman sull’università, là dove scrive che nell’ambiente universitario il giovane «si forma un abito mentale che dura tutta la vita, i cui attributi sono la libertà, l’equità, la calma, la moderazione e la saggezza», e aggiunge: «Indicherei questo come il frutto specifico dell’istruzione fornita dall’università, se confrontata con altri luoghi o modi di insegnamento, e questo è il principale scopo di una università nella sua cura degli studenti» (L’idea di università, 1873, V, 1). Questa idea di università non ha niente a che vedere con quella ci ha lasciato l’illuminismo, riempire la testa di cose. È tutta la persona che va coinvolta lì, i suoi affetti e il modo di sentire non solo di pensare e anche il modo di agire. Si trova un’armonia umana non quel pensare all’università come a una fabbrica di macrocefali che poi non sanno cosa fare con le mani o con il cuore. È importante questa idea umana dell’università.
Questa crescita umana delle persone non può che avere un riflesso positivo sulla società. Pertanto, investire sulla formazione, sulla scuola, sull’università è il miglior investimento per il futuro di un Paese. Lo sappiamo, lo si sente spesso ripetere, ma non sempre si prendono poi decisioni coerenti.
Un altro aspetto vorrei sottolineare, toccato anche dal Rettore: quello dell’incontro tra le diverse culture. Sappiamo bene che questo non è automatico. Non basta mettere insieme professori e studenti di diverse provenienze. Occorre maturare una cultura dell’incontro. E certamente l’università è un luogo privilegiato per farlo. Macerata ha dato i natali a un grande “campione” di questa cultura che è padre Matteo Ricci. Lui è stato grande non solo per le cose che ha fatto che ha scritto, ma è grande perché è stato un uomo di incontri, un uomo della cultura dell’incontro, un uomo che è andato oltre all’essere straniero; è diventato cittadino del mondo perché “cittadino delle persone”. Questa è cultura dell’incontro. E certamente l’università è un luogo privilegiato per fare questo incontro. Macerata ha dato i natali a questo grande campione: mi congratulo con voi perché non solo custodite la sua memoria e promuovete gli studi su di lui, ma cercate di attualizzare il suo esempio di dialogo interculturale. Quanto bisogno c’è oggi, a tutti i livelli, di percorrere con decisione questa strada, la strada del dialogo! Quanto i poteri del mondo sono abituati alla strada dell’esclusione, alla cultura dello scarto! No c’è bisogno del dialogo, la strada del dialogo. “Ma perdere tempo con il dialogo?”. Sì, perdere tempo perché questo poi fruttifica in modo più grande e più bello.
Carissimi, vi ringrazio della vostra visita e auguro ogni bene per l’Università. Benedico di cuore voi e l’intera comunità accademica. E vi chiedo per favore di pregare per me.