Riflessione di don Emilio tenuta martedì 24 gennaio a Roma nell’Assemblea Ordinaria del Coordinamento Nazionale Pellegrinaggi Italiani (CNPI) in sostituzione del rappresentante del Collegamento Nazionale Santuari (CNS). In allegato, testo della relazione e sintesi del dialogo che l’ha seguita.

Assemblea Ordinaria del Coordinamento Nazionale Pellegrinaggi Italiani

SANTUARI COME LUOGO DELLA SINODALITÀ DELLA CHIESA

Roma, 24 gennaio 2023

UNA DOVEROSA PREMESSA

Non posso iniziare l’intervento affidatomi senza portare i saluti del Collegamento Nazionale Santuari (CNS); non potendo venire né il presidente (padre Mario Magro) né il segretario (don Paolo D’Ambrosio), mi è stato chiesto di non far mancare la presenza del CNS in questa importante Assemblea. Nell’intervento farò riferimento alle relazioni del convegno Sinodalità e Santuari tenutosi a Roma nel novembre 2021 – ne sono stati pubblicati gli Atti[1] – e, in particolare, alle conclusioni di padre Mario.

 

Sempre più coinvolti nel cammino sinodale

 

Dall’ascolto dei vescovi relatori e dei partecipanti al convegno, risultò evidente che si era già inseriti in un percorso sinodale, anche perché ci si sentiva tutti impegnati a vivere quella comunione e quella partecipazione che rendono più incisiva la missione della Chiesa, comunità di battezzati che camminano insieme (popolo di Dio che cammina insieme), cercando di individuare spazi per ascoltarsi e dialogare affinché si possa ridonare ciò che gratuitamente si è ricevuto (cf. Mt 10, 8).

 

Richiamiamo delle espressioni di quanto disse papa Francesco ai fedeli della Diocesi di Roma, il 18 settembre 2021, parlando della sinodalità: “Questo itinerario è stato pensato come dinamismo di ascolto reciproco, voglio sottolineare questo un dinamismo di ascolto reciproco, condotto a tutti i livelli di Chiesa, coinvolgendo tutto il popolo di Dio; dove i Vescovi devono ascoltarsi, i preti devono ascoltarsi, i religiosi devono ascoltarsi, i laici devono ascoltarsi. E poi, inter-ascoltarsi tutti. Ascoltarsi; parlarsi e ascoltarsi. Non si tratta di raccogliere opinioni. Non è un’inchiesta, questa; ma si tratta di ascoltare lo Spirito Santo, come troviamo scritto nel libro dell’Apocalisse: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (2, 7). Avere orecchi, ascoltare, è il primo impegno. Si tratta di sentire la voce di Dio, cogliere la sua presenza, intercettare il suo passaggio e soffio di vita”.

Precisando che “Il tema della sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri. No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione. La parola “sinodo” contiene tutto quello che ci serve per capire l’espressione: “camminare insieme”.

 

Queste sono state alcune delle indicazioni che più volte sono divenute prezioso riferimento per le relazioni che si sono tenute, e di cui richiamo alcuni passaggi e dei contenuti.

Sinodalità e Santuari.

Il vescovo emerito di Fidenza, mons. Carlo Mazza (Assistente ecclesiastico CNS)[2], tenendo presente la vocazione del Santuario tra profezia e istituzione, ha affermato: “In tale prospettiva i Santuari sono provocati a un coraggioso esame di coscienza quasi a verificare la loro adeguatezza al respiro dei tempi, al gemito delle domande che abitano il cuore di molti credenti e non credenti, ponendosi in ascolto della voce del Signore che si fa udire nel silenzio e nella vita del Santuario stesso, per essere poi pronti alla chiamata della Chiesa. […] Di qui lo slancio e la sfida propri della natura della profezia acquistano il sapore di un’urgenza che sospinge i Santuari a potenziare un vigoroso progetto di proposta avvincente e innovativa di catechesi, di predicazione e di pratiche evangelizzatrici, anche attraverso l’apporto indifferibile dei social media, capaci di penetrare le intelligenze di luce veritativa, e nel contempo di consolare gli animi mediante una vicinanza cordiale e densa di testimonianza della carità” (pp. 22-23).

 

“Di qui si intuisce come il cammino della sinodalità tocca in radice la “mission” dei Santuari come un’onda che li riguarda, una scossa che crea nuove relazioni, nuove prospettive. Com’è del tutto comprensibile, anche per i Santuari la sinodalità non si improvvisa, non si presenta agevole, richiede invece una forza interiore non comune e di caratura creativa” (p. 25).

 

“Assodato questo, ne deriva il compito di raccomandare il carisma specifico dei Santuari, mediante una solida “teologia”, e di raccontare i fatti di sperimentata presenza del divino di cui sono testimoni attraverso quella genialità di fede del popolo di Dio che richiama la “religiosità popolare”. Conseguentemente si tratta di promuovere una vera “scuola di santità” adeguata al carisma del Santuario, evidenziando, attraverso appunto la fattispecie del carisma, la singolare manifestazione di forme sensibili (apparizioni e fenomeni speciali collegati, costruzioni di cappelle, cammini sacri, fonti di acque, reliquie, ecc.)  che rivelano il disegno di misericordia di Dio constatabile negli eventi di grazia e di riconciliazione per moltitudini di pellegrini, occasioni straordinarie, come è noto, di ripresa della vita cristiana da parte di innumerevoli fedeli” (p. 26).

 

“Dunque anche i Santuari, in quanto parte integrante del popolo di Dio, “imparando un’ecclesialità sinodale”, esprimono la loro soggettività complessa e articolata adeguando le loro strutture di governo, di servizio e di comunione, e dunque sono sollecitati a dare prova, convinta e appassionata, di essere all’altezza del compito che il cammino sinodale propone, con uno spirito competente e aperto al soffio dello Spirito Creatore” (pp. 29-30; il neretto è nostro, non dell’autore).

 

Santuari e caratteristiche del cammino sinodale.

Mons. Gianpiero Palmieri (già Vicegerente della diocesi di Roma e ora arcivescovo-vescovo di Ascoli Piceno), si è soffermato su uno dei temi specifici della sinodalità come del cammino sinodale: l’ascolto[3]. “Non ascoltiamo per motivi di strategia pastorale, ma perché l’ascolto nella vita dei cristiani e della Chiesa ha un ruolo profondamente spirituale. L’obiettivo del cammino sinodale è ascoltare la voce dello Spirito Santo” (p. 38).

 

Così come aveva evidenziato Francesco il 18 settembre 2021 parlando dell’importanza di una sana inquietudine che nasce dalla fede, ha precisato che essa è uno stimolo a valutare con sapienza cosa mantenere e cosa cambiare.

“Abbiamo bisogno di un discernimento comunitario, fatto tutti insieme, alla fine del quale il vescovo conferma o meno il processo sinodale vissuto; qui ha parlato lo Spirito! Il vescovo, alla fine del processo, riconosce con la sua autorità quanto lo Spirito ha detto e lo «rilancia» per tutta la Chiesa” (p. 39).

Ha fatto riferimento alla significativa lezione del libro degli Atti degli Apostoli: “Quello che è interessante è la dinamica della ricerca della soluzione. Gli Atti raccontano la storia di una comunità cristiana che mette al centro Gesù Risorto e lo Spirito Santo, che vive le vicende della storia e che decide di affrontare le sfide in maniera sinodale: riunendosi in assemblea, pregando, ascoltandosi reciprocamente. Perché? Perché questa modalità apre delle feritoie attraverso cui può passare la luce dello Spirito: sono fessure nei muri dei nostri conflitti. Ascoltare la realtà, ascoltare tutti, perché lo Spirito si apra un varco e ci dica quello che dobbiamo fare […] Fare un cammino sinodale è una questione più di fede, non di strategie. Siamo disposti a mollare le redini? Siamo disposti ad ascoltare lo Spirito e a vivere un cammino di discernimento comunitario?” (p. 41; il neretto è nostro, non dell’autore).

“In ascolto tra di noi e in ascolto di tutti. Così parla lo Spirito. […] La categoria del popolo di Dio è inclusiva di tutti i battezzati, e chi non è battezzato è ordinato al Popolo di Dio” (p. 46).

Se è vero che i Santuari sono testimoni privilegiati di questo ascolto – “nei santuari, notoriamente, approdano tutti” (p. 48) –, “Nel santuario la scommessa è passare da questa marea un po’ caotica ad una vera esperienza di fraternità, una carovana solidale, un santo pellegrinaggio” (p. 50). “Allora il santuario è una bella metafora (forse la migliore!) del cammino sinodale. Ritrovarsi insieme, camminare insieme, tutti verso il Regno, il luogo dell’incontro con Dio, il luogo della fraternità. […] È importante che i santuari diano il loro contributo alla riflessione sinodale: hanno tanto da dire e da dare, soprattutto sul versante dell’evangelizzazione dei cosiddetti lontani (che forse lontani non sono troppo!). Possono essere esempi di fraternità in atto: in compagnia di tutti, in ascolto tra di noi e di tutti, camminiamo verso il Regno sotto la Parola di Dio, guidati dallo Spirito del Risorto, verso il compimento nella Gerusalemme del Cielo. Uno stile fatto di accoglienza, di comprensione delle vicende della vita, di empatia verso tutto ciò che è umano” (p. 53).

 

Il Santuario nel cammino del Sinodo[4]

 

Mons. Rino Fisichella (Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione) è intervenuto per ricordare l’importanza di una adeguata pastorale nei santuari.

Si tratta di prendersi cura della fede dei pellegrini offrendo un’adeguata predicazione che tenga ben presenti le indicazioni delle costituzioni conciliari; si tratta di accogliere bene i pellegrini facendo attenzione anche a come ritornano nelle loro comunità.

Curare questi aspetti contribuisce a evidenziare il contributo specifico dei Santuari nel cammino sinodale. Rende preziosa la pietà popolare come forma di evangelizzazione e fa superare atteggiamenti e mentalità che tendono a emarginarla o a non valorizzarla.

Nel Cammino sinodale i Santuari offrono spazi di silenzio e di preghiera prolungata; sono luoghi che educano alla carità verso i bisognosi e i poveri; sono ambienti privilegiati per declinare i verbi ascoltare, riflettere e partecipare e, proprio per questo, possono diventare motivo di crescita nella comunione, antidoto ai contrasti e alle divisioni come a tutto ciò che rende sempre più lontana la fraternità.

 

I Santuari  … impegnati e promotori del cammino sinodale

 

Significative le conclusioni di padre Mario[5]. Se tutti sono protagonisti nel cammino sinodale, dovremmo saper coinvolgere ed evitare che ci siano semplici comparse e sulla scia di quanto ha scritto papa Francesco (cf. Evangelii gaudium, 23) impegnarsi a discernere cosa cambiare e cosa mantenere; si tratta anche di individuare ministeri e servizi necessari nei nostri ambienti e per questo diventa decisivo invocare lo Spirito Santo. Egli che guida la Chiesa, ci aiuti a non sopprime le differenze.

Anche nei Santuari siamo chiamati a prendere atto che “ci sono molte resistenze a superare l’immagine di una Chiesa rigidamente distinta tra capi e subalterni, tra chi insegna e chi deve imparare, dimenticando che a Dio piace ribaltare le posizioni. Il Camminare insieme ci fa scoprire piuttosto la sua linea orizzontale che verticale. La Chiesa sinodale ripristina l’orizzonte da cui sorge il sole che è Cristo: innalzare monumenti gerarchici vuol dire coprirlo. I pastori camminano con il popolo: noi pastori camminiamo con il popolo, a volte davanti, a volte in mezzo, a volte dietro. Il buon pastore deve muoversi così: davanti per guidare, in mezzo per incoraggiare e non dimenticare l’odore del gregge, dietro perché il popolo ha anche fiuto. Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, o per ritrovare la strada smarrita” (pp. 126-127).

 

Un’altra suggestione ha aperto una feritoia che lascia intravedere possibili sviluppi.

“Il Sinodo è anche fare spazio al dialogo sulle nostre miserie, le miserie che appartengono a ciascuno di noi, preti e laici, a quelli che appartengono a movimenti e associazioni; dobbiamo farci carico di tutta questa miseria! Non solo ma dobbiamo includere tutte le fasce della società, quelle più emarginate ed escluse, dobbiamo includere i cosiddetti miserabili della società, quelli scartati, quelli a cui nessuno mai dà la parola e che sono destinati ad essere purtroppo i reclusi della società. Con il cammino sinodale abbiamo un compito importante: riscattare e reinserire, accogliere e includere i lontani, quelli che si sono allontanati a causa della nostra non buona testimonianza cristiana.

Non abbiamo paura! Rinnoviamoci e camminiamo spediti come l’unico grande popolo di Dio” (p. 127; il neretto è nostro, non dell’autore).

 

“Lasciamo aperte anche noi […] le porte e finestre della nostra vita e del nostro cuore, perché il nostro generoso ministero e apostolato possa produrre i frutti dello Spirito, senza avere la presunzione di conoscere e avere in mano tutte le soluzioni, ma contribuiamo a costruire la comunità che Dio vuole, tendendo le nostre mani verso i fratelli tutti e seguendo i suoi insegnamenti” (p. 128; il neretto è nostro, non dell’autore).

 

E in conclusione …

non stanchiamoci

di invocare lo Spirito Santo

 

“Siamo davanti a te, Spirito Santo, mentre siamo riuniti nel tuo nome.

Con te solo a guidarci, fatti casa nei nostri cuori;

insegnaci la strada che dobbiamo percorrere e come dobbiamo perseguirla.

Siamo deboli e peccatori; non promuoviamo il disordine.

Non lasciare che l’ignoranza ci guidi sulla strada sbagliata

né che la parzialità influenzi le nostre azioni.

Fai sì che possiamo trovare in Te l’unità per camminare insieme verso la vita eterna e non deviare dalla via della verità e del giusto.

Tutto questo chiediamo a Te, che operi in ogni luogo e tempo,

nella comunione del Padre e del Figlio, nei secoli dei secoli.” Amen (p. 129).

Rocchi don Emilio

, Coordinatore interregionale

del centro Italia del CNS

 

Di estremo interesse, a mio avviso, il dialogo che è nato alla fine della relazione. Ci sono state diverse domande alle quali ho cercato di rispondere evidenziando alcuni nodi che esprimo di seguito: a) non dobbiamo trascurare la dimensione umana e l’importanza di non dare nulla per scontato quando promuoviamo pellegrinaggi nei Santuari (abbiamo gli stessi obiettivi? b) da tener ben presente che tutti sperimentiamo le conseguenze del peccato originale e tante volte sembra che non lo teniamo presente; c) non possiamo presentare i Santuari (ad esempio mariani: sono rettore del più piccolo delle Marche) solo per una apparizione (nel mio caso) del 5 giugno 1411 ma far cogliere l’azione continua e visibile della grazia di Dio nelle nostre persone e attorno a noi: il primato della grazia sulle strutture; d) sarebbe opportuno mostrare una comunità in un Santuario intorno al rettore; e) abbiamo bisogno di luoghi dove ascoltarci e parlarci, ma molte volte non si dice ciò che si pensa veramente e non si è liberi, per tanti motivi; f) se vogliamo vivere comunione e partecipazione con i fedeli laici, che diventi corresponsabilità, è necessaria maggiore trasparenza nella gestione economica e credere all’azione della Provvidenza.

[1] Collegamento Nazionale Santuari, Sinodalità e Santuari: comunione, partecipazione e missione (55° Convegno nazionale CNS [Roma 15 – 19 novembre 2021), Noventa Padovana [PD], maggio 2022.

[2]C. Mazza, Sinodalità e Santuari. Comunione, partecipazione e missione, in Ibidem, pp. 17-31.

[3]G. Palmieri, I Santuari e le caratteristiche della Sinodalità, in Ibidem, pp. 37-59.

[4]R. Fisichella, Il Santuario nel cammino del Sinodo, in Ibidem, pp. 79-91.

[5]M. Magro, Conclusione del 55° Convegno CNS, in Ibidem, pp. 121-129.