“Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”(Mt 5,4).
Chi non ha pianto, nella propria vita? E chi non ha conosciuto persone il cui dolore traboccava attraverso le lacrime? Oggi poi, che i mezzi di comunicazione portano nelle nostre case immagini da tutto il mondo, rischiamo addirittura di abituarci, di indurire il cuore di fronte al fiume di dolore che rischia di travolgerci.
Anche Gesù ha pianto ed ha conosciuto il pianto del suo popolo, vittima dell’occupazione straniera. Tanti malati, poveri, vedove, orfani, emarginati, peccatori accorrevano a Lui per ascoltare la sua Parola risanatrice ed essere guariti, nel corpo e nell’anima.
Nel vangelo di Matteo, Gesù è il Messia che compie le promesse di Dio ad Israele e per questo annuncia:
“Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”.
Gesù non è indifferente alle nostre tribolazioni e impegna sestesso nel guarire il nostro cuore dalla durezza dell’egoismo, nel riempiere la nostra solitudine, nel dare forza alla nostra azione.
Così ci dice Chiara Lubich, nel suo commento alla stessa Parola del Vangelo: «[…] Gesù, con queste sue parole, non vuole portare chi è infelice alla semplice rassegnazione promettendo una ricompensa futura. Egli pensa anche al presente. Il Suo Regno infatti, anche se in maniera non definitiva, è già qui. Esso è presente in Gesù che, risorgendo da una morte sofferta nella più grande afflizione, ha vinto la morte. Ed è presente anche in noi, nel nostro cuore di cristiani: Dio è in noi. La Trinità vi ha preso dimora. E allora la beatitudine annunziata da Gesù può verificarsi sin d’ora. […] Le sofferenze possono permanere, ma c’è un nuovo vigore che ci aiuta a portare le prove della vita e ad aiutare gli altri nelle loro pene, a superarle, a vederle, come Lui le ha viste e accolte quale mezzo di redenzione».
“Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”.
Alla scuola di Gesù, possiamo imparare ad essere l’uno per l’altro testimoni e strumenti dell’amore tenero e creativo del Padre. È la nascita di un mondo nuovo, che risana la convivenza umana dalla radice ed attira la presenza di Dio tra gli uomini, sorgente inesauribile di consolazione per asciugare ogni lacrima.
Così Lena e Philippe, del Libano, hanno condiviso la loro esperienza con gli amici della comunità ecclesiale: «Carissimi, vi ringraziamo per i vostri auguri per la Pasqua molto speciale di quest’anno. Stiamo bene e cerchiamo di stare attenti a non esporci al virus. Tuttavia, essendo in prima fila nell’azione “ParrainageLiban”, non possiamo rimanere sempre a casa e usciamo circa ogni due giorni, per assicurare i bisogni urgenti ad alcune famiglie: soldi, vestiti, cibo, prodotti farmaceutici etc… Già prima del Covid-19, la situazione economica nel Paese era molto pesante e, come in tutto il mondo, oggi è peggiorata. Ma la Provvidenza non manca: l’ultima è arrivata la settimana scorsa da un libanese che vive fuori dal Libano. Ha chiesto a Lena di assicurare un pasto completo, tre giorni alla settimana, per dodici famiglie per tutto il mese di aprile. Una bella conferma dell’amore di Dio che non si lascia vincere in generosità».
Letizia Magri