“Pane, racconti e fraternità”, secondo incontro con don Gianpiero Palmeri, vescovo di Ascoli Piceno: “l’abbraccio” e “la comunione”
Nell’incanto di una notte di metà luglio, dove tutto, ambiente e compagnia, sembra perfetto, il gruppo variegato di giovani, adulti e persone mature che si è riunito, insieme al vescovo di Ascoli Piceno e vicepresidente per la CEI del Centro Italia, Gianpiero Palmieri, per il secondo incontro del ciclo “Pane, incontri e fraternità”, pensati all’interno del progetto “Spazi di Fraternità”, al Santuario di Santa Maria Apparente, conclude l’incontro con una canzone che dice molto, se non tutto, di noi. Si intitola “Costruire” di Niccolò Fabi e ti fa salire un groppo in gola quando senti “Ah, si vivesse solo di inizi / di eccitazioni da prima volta / quando tutto ti sorprende e / nulla ti appartiene ancora. / Penseresti all’odore di un libro nuovo / a quello di vernice fresca / a un regalo da scartare / al giorno prima della festa/”: un’emozione che si scioglie e si trasforma in stupore ammirato quando l’artista nella strofa successiva canta che però “In mezzo c’è tutto il resto / e tutto il resto è giorno dopo giorno / e giorno dopo giorno è / silenziosamente costruire /e costruire è sapere / è potere rinunciare alla perfezione”.
La serata comincia con la raccomandazione di Amedeo Angelozzi, animatore di questi incontri, di non abbandonarsi ad una sorta di “festival della gnagnera” perché l’evento è dedicatoalla riflessione, e soprattutto alla condivisione, sulla società e sulla chiesa che sembrano preda, entrambe, di una profonda crisi. Non ci sono ricette, non ci sono terapie di facile e rapido consumo: forse un modo per cominciare di nuovo è quello dell’abbraccio, come il titolo del bellissimo racconto di David Grossman, che il pastore legge come introduzione all’incontro. Un abbraccio che vuole dire “nel mio mondo interiore c’è spazio per te, anche se non parli”: don Gianpiero seduto nel cerchio delle sedie, si mette a disposizione dei presenti, è il primo a fare spazio, raccontando la sua esperienza di bambino e ragazzo solitario ma con un grande desiderio di comunione realizzato nell’adolescenza. La sua vocazione la presenta così: “non era solo passione per il Signore. Volevo aiutare a costruire la comunione ecclesiale ma anche aiutare ogni persona a sentirsi a casa, a sentirsi riconosciuta e a riconoscersi”. Non sorvola sugli errori dell’inizio, quando, da giovane prete, credeva che fosse tutto “una questione di dinamiche di gruppo e tecniche educative” e per questo leggeva montagne di libri fino a che due preti amici e una persona, Angelo, appartenente alla fraternità di Charles De Foucauld, “mi hanno mostrato un’altra strada” ovvero quella che unisce la consapevolezza della propria “unicità di figli di Dio” con la “tensione alla comunione”. Il vescovo ricorda che papa Francesco parla di una società che vive un “individualismo comodo e avaro” mentre ciò che “rende più bella la nostra vita è il livello di comunione che riusciamo a vivere con gli altri”.
Tanti gli aneddoti che riporta don Gianpiero, soprattutto nel suo rapporto con i giovani che “non sopportano i formalismi: a loro importa solo quello che dico come uomo. Vogliono poche parole, vogliono che andiamo al sodo, vogliono sapere cosa il Vangelo ha da dire alla loro vita”. Per esempio quando ha incontrato i ragazzi delle quinte superiori di Ascoli, quelli non hanno fatto domande sulla sessualità, perché per loro è scontato avere rapporti prima del matrimonio, ma hanno chiesto la sua opinione sull’omosessualità e sull’adozione di bambini da parte delle coppie omogenitoriali. Il pastore ha risposto riferendo molto onestamente le sue opinioni e le sue perplessità, riscontrando lì per lì un certo scetticismo. Poi un ragazzo, a ricreazione, lo ha avvicinato personalmente e gli ha detto: “Sono omosessuale e credo che lei possa capirmi”. Sempre a proposito dei giovani nel confronto tra i presenti alla serata è emerso il problema del “brodo culturale” in cui tutti, credenti e non, siamo immersi, quello che punta all’individualismo ma anche al consenso su certe questioni, tanto che, ha rilevato don Gianpiero “apparentemente si ha il potere di espressione ma in realtà si va verso la totale omologazione; il papa nella Laudato sì’ parla di atteggiamento scettico verso i valori, sul bene comune, è prevalso il gioco sulle opinioni, tutto è ritenuto accettabile. In questo brodo culturale i ragazzi non hanno più punti di riferimento, non c’è nessuno che dica una parola sul senso del vivere, del morire, dell’amare… Oggi si dice solo vedi tu, la vita è tua, non esistono più narrazioni di senso”. E allora? Lasciarsi andare alla “gnagnera”, perdere la speranza, lamentarsi dei tempi e delle chiese vuote? In realtà i tempi sono favorevoli, perché non ci sono più scuse né tradizioni che tengano, “bisogna credere nella possibilità di buttarsi nella mischia, che è il contrario di serrare le fila e cedere alla tentazione di rinchiudersi” e “starci”, ovvero “stare nella realtà e nelle relazioni” in un movimento esattamente contrario alla “cultura del tutto e subito”, non avere paura di ripartire da zero, “dal Vangelo e dalla carità” e soprattutto, di fronte al mistero della vita, delle sofferenze, delle immani tragedie, “fidarci del Dio della vita anche se le apparenze sono contrarie”.
Prossimo incontro giovedì 20 luglio, ore 20, ospite: Kazumi Fujie, cristiana, battezzata adulta, di origine giapponese. Per chi volesse la porta del Santuario di Santa Maria Apparente, dove risiede il viceparroco, Don Mario Moriconi, è sempre aperta per un momento di solitudine, meditazione o dialogo.
Simona Mengascini
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