Il dolore, la tristezza è un sentimento, una sensazione, un’emozione che ci dimostra la nostra impotenza davanti a certi eventi della vita.

Come ha scritto l’Arcivescovo nel messaggio che abbiamo letto all’inizio della funzione: “non troviamo parole”.

 

È vero: in queste ore di enorme dolore tutti noi cerchiamo risposte che non troviamo. Siamo tentati di rintracciare continuamente nella memoria segni che non abbiamo notato. Vorremmo tornare indietro, fermare il tempo, intervenire in qualche modo per modificare gli eventi.

Siamo qui, desiderosi di guardarci negli occhi, di sorreggerci a vicenda, di non sentirci soli nel nostro sgomento. Di non far sentire soli (i genitori e i parenti tutti di) la mamma, il papà, la sorellina e il fratello di Jessica.

 

Di fronte a questo mistero di male abbiamo provato ad ascoltare, anche a pregare.

Sappiamo bene che è difficile, perché d’istinto vorremmo chiuderci nei nostri pensieri e perché le parole suonano logore, inutili.

Però abbiamo bisogno di trovare un senso a tutto questo.

E possiamo solo balbettare qualcosa alla luce della verità di Dio, che è misericordia, vita, salvezza, speranza, risurrezione…

 

In noi è cresciuta la rabbia di fronte a tanta assurda violenza, e ci tornano nel cuore le parole dure di Gesù: “Chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli (…), meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in nel più profondo dei mari.”

È una violenza senza senso, senza ragione.

Una violenza figlia della grave responsabilità personale di chi ha compiuto questo assurdo e orrendo gesto, verso cui la giustizia farà il suo corso, così come ciascuno di noi ha responsabilità di ogni suo gesto, anche se le radici del male affondano altrove, anche se della colpa o del peccato non siamo noi i giudici.

Ma è una violenza frutto anche della cultura che ha negato valore ad ogni valore, che dichiara l’assoluta dittatura degli istinti e delle emozioni sulla verità e la ragione, una cultura che usa l’altro solo per ciò che gli serve e che non ha alcun rispetto della vita umana, in nome dei propri assoluti diritti. Una cultura che ha trasformato i desideri in bisogni, le voglie in diritti.

Jessica ha pagato con la vita il suo “no” a questa logica assurda, è stata vittima di questa violenza; ma col suo “no” ha compiuto un gesto di redenzione della sua e della nostra vita. Di tutti.

Non è solo l’ennesimo caso di femminicidio, di uccisione di una vita più debole, da scartare se non soddisfa il proprio egoismo e le proprie voglie.

Jessica, in questo nostro mondo, col suo “no”, è molto di più.

È un grido di speranza, è mistero di una Croce, è segno di un Dio che quando viene flagellato (Lui con 39 colpi, lei con 40…), incoronato di spine, messo sul patibolo, quando cioè sembra irrimediabilmente sconfitto, vince sul male che credeva d’averlo vinto.

Jessica ci incoraggia a dire di no a questa cultura di morte, alla sopraffazione di ogni voglia su ogni valore, ci ricorda che è ancora possibile dire di “no”. Anche a costo della vita. Ma perché la vita e la Verità del valore della persona umana trionfi.

Ci sprona a tentare di ritrovare i valori che guidano le emozioni e le orientano verso il bene e la Verità e non l’assoggettano alle voglie individuali.

 

In questa ora di apparente trionfo del mistero del male, vorremmo avere la forza che hanno alcuni grandi uomini, che dentro al male sanno gridare: “io non odierò”!

Vorremmo essere capaci di questa forza che solo la fede in Dio ci può concedere, nella certezza che Lui solo è la giustizia e la verità.

 

La Bibbia ci ricorda che solo Dio «conosce i cuori e i reni», ossia il con­scio e l’inconscio più intimo di una per­sona, coi suoi segreti ultimi.

E san Paolo, nella lettura che abbiamo ascoltato, ci assicura che questo Dio, che ci conosce da tutta l’eternità, non ci condanna. Dio è per noi, dalla nostra parte, fino all’ultimo. Non smette di tenderci la mano. Dio salva, neanche la morte può separarci dal suo amore.

 

Cosa ne sarà stato di Jessica, del suo cuore, quale stupore indicibile avrà provato quando ha gettato lo sguardo nell’immensità dell’amore di Dio per lei? Cosa avrà capito di sé e della sua vita quando ha finalmente incontrato Dio? Quale attrattiva avrà sperimentato di fronte ad una Bellezza così estasiante? Quale distanza e quale sorpresa davanti alla sconfinata fiducia che Dio ha in lei? Quale comprensione nuova avrà avuto di tutta la sua vita, di ogni gioia e di ogni dolore provati, di ogni amicizia vissuta giorno dopo giorno con ciascuno di voi? Quale bisogno di riconsiderare e di riordinare tutto alla luce della Verità?

Non sappiamo. Ma è certo che Dio l’ha guardata con un’infinita misericordia, come un giorno ha guardato il Figlio sulla croce, vilipeso e ucciso dagli uomini: lei, come Lui, una figlia amatissima.

 

 

 

Ancora una volta si palesa la tragica verità della fragilità umana, una fragilità che chiede di essere salvata e redenta: solo Cristo può operare questo. Non la giustizia di questo mondo, che pur ci vuole. Perché la sola giustizia non salva e non redime, mentre è di questo che sentiamo il bisogno. E solo in Cristo troviamo salvezza.

 

E noi? Noi che così numerosi siamo qui oggi? Noi sentiamo forte il bisogno di comunicare. Comunicare tra noi. Lo facciamo in mille modi: con uno sguardo, con un abbraccio, piangendo insieme. Abbracciando i genitori i parenti e gli amici tutti di Jessica.

Sentiamo forte che non possiamo stare da soli, dobbiamo tenerci per mano, aiutarci, aggrapparci alla mano di chi è più forte di noi.

 

E Gesù è qui. Per questo. Per stringere la nostra mano.

Ci ha detto: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”. Ristoro, sollievo, “un po’ di calore che arriva”. Ne abbiamo un gran bisogno.

Gesù ci vuole dare questo calore. E ci assicura che la storia di Jessica continua, non solo nei nostri cuori: Jessica è viva presso Dio e la sentiamo viva nella realtà della comunione dei Santi.

Gesù assumendo il male, il dolore e la morte di Jessica, lascia in lei un seme di divinità, di eternità, di luce, di salvezza.

L’amore divino non ci esenta “da” ogni dolore, ma ci sostiene “in” ogni dolore aiutandoci ad attraversarlo.

Come diceva il poeta cattolico francese Paul Claudel, “Dio non è venuto a spiegare la sofferenza, è venuto a riempirla della sua presenza”.

 

Questa presenza ci raccoglie oggi qui in preghiera e diventa compito per tutti noi. Il compito di provare ad ascoltarci di più, ad avere di più gli occhi negli occhi dell’altro, ad accoglierci vicendevolmente.

Ci auguriamo gli uni gli altri un’amicizia e un amore che apra semplicemente le braccia e dica ad ogni istante: qui c’è un cuore dove puoi riposare.

 

 

Dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.

Parola di Dio

 

dal Vangelo secondo Matteo

 

In quel tempo Gesù disse: « [28]Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. [29]Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. [30]Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».