(1° GENNAIO 2023)
Nessuno può salvarsi da solo.
Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace
«Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva;
infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte»
(Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi 5,1-2).
- Con queste parole, l’Apostolo Paolo invitava la comunità di Tessalonica perché, nell’attesa dell’incontro con il Signore, restasse salda, con i piedi e il cuore ben piantati sulla terra, capace di uno sguardo attento sulla realtà e sulle vicende della storia. Perciò, anche se gli eventi della nostra esistenza appaiono così tragici e ci sentiamo spinti nel tunnel oscuro e difficile dell’ingiustizia e della sofferenza, siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente, ci accompagna con tenerezza, ci sostiene nella fatica e, soprattutto, orienta il nostro cammino. Per questo San Paolo esorta costantemente la Comunità a vigilare, cercando il bene, la giustizia e la verità: «Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (5, 6). È un invito a restare svegli, a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci ma ad essere invece come sentinelle capaci di vegliare e di cogliere le prime luci dell’alba, soprattutto nelle ore più buie.
- Il Covid-19 ci ha fatto piombare nel cuore della notte, destabilizzando la nostra vita ordinaria, mettendo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, ribaltando l’apparente tranquillità anche delle società più privilegiate, generando disorientamento e sofferenza, causando la morte di tanti nostri fratelli e sorelle.
Spinti nel vortice di sfide improvvise e in una situazione che non era del tutto chiara neanche dal punto di vista scientifico, il mondo della sanità si è mobilitato per lenire il dolore di tanti e per cercare di porvi rimedio; così come le Autorità politiche, che hanno dovuto adottare notevoli misure in termini di organizzazione e gestione dell’emergenza.
Assieme alle manifestazioni fisiche, il Covid-19 ha provocato, anche con effetti a lungo termine, un malessere generale che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà.
Inoltre, non possiamo dimenticare come la pandemia abbia toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri. Pensiamo, ad esempio, ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento.
Raramente gli individui e la società progrediscono in situazioni che generano un tale senso di sconfitta e amarezza: esso infatti indebolisce gli sforzi spesi per la pace e provoca conflitti sociali, frustrazioni e violenze di vario genere. In questo senso, la pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del nostro mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità.
- Dopo tre anni, è ora di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità; un tempo privilegiato per prepararsi al “giorno del Signore”. Ho già avuto modo di ripetere più volte che dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne esce o migliori o peggiori. Oggi siamo chiamati a chiederci: che cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia? Quali nuovi cammini dovremo intraprendere per abbandonare le catene delle nostre vecchie abitudini, per essere meglio preparati, per osare la novità? Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?
Di certo, avendo toccato con mano la fragilità che contraddistingue la realtà umana e la nostra esistenza personale, possiamo dire che la più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo. È urgente dunque ricercare e promuovere insieme i valori universali che tracciano il cammino di questa fratellanza umana. Abbiamo anche imparato che la fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e negli effetti della globalizzazione non solo è stata eccessiva, ma si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo la garanzia auspicata di giustizia, di concordia e di pace. Nel nostro mondo che corre a grande velocità, molto spesso i diffusi problemi di squilibri, ingiustizie, povertà ed emarginazioni alimentano malesseri e conflitti, e generano violenze e anche guerre.
Mentre, da una parte, la pandemia ha fatto emergere tutto questo, abbiamo potuto, dall’altra, fare scoperte positive: un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza.
Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Le risposte più efficaci alla pandemia sono state, in effetti, quelle che hanno visto gruppi sociali, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni internazionali uniti per rispondere alla sfida, lasciando da parte interessi particolari. Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali.
- Al tempo stesso, nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte della pandemia da Covid-19 fosse stato superato, una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull’umanità. Abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali – basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante.
Di certo, non è questa l’era post-Covid che speravamo o ci aspettavamo. Infatti, questa guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte. Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato (cf. Vangelo di Marco 7, 17-23).
- Cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune.
Per fare questo e vivere in modo migliore dopo l’emergenza del Covid-19, non si può ignorare un dato fondamentale: le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro. E allora, siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione. Dobbiamo rivisitare il tema della garanzia della salute pubblica per tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune e attuare chiare ed efficaci misure per far fronte al cambiamento climatico; combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà. Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace.
Nel condividere queste riflessioni, auspico che nel nuovo anno possiamo camminare insieme facendo tesoro di quanto la storia ci può insegnare. Formulo i migliori voti ai Capi di Stato e di Governo, ai Responsabili delle Organizzazioni internazionali, ai Leaders delle diverse religioni. A tutti gli uomini e le donne di buona volontà auguro di costruire giorno per giorno, come artigiani di pace, un buon anno! Maria Immacolata, Madre di Gesù e Regina della Pace, interceda per noi e per il mondo intero.
Dal Vaticano, 8 dicembre 2022
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Alla presentazione del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (venerdì 16 dicembre alle ore 10) sono intervenuti: l’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I., Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e il Dott. Maximo Torero, Chief Economist della FAO, con un videomessaggio (entrambi in lingua inglese); in lingua italiana, suor Alessandra Smerilli, F.M.A., Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e Simone Cristicchi, cantautore, scrittore, autore, regista e attore teatrale. Di seguito i testi degli interventi.
Intervento dell’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I.
In the early days of the pandemic, the world was under enormous stress. The mortality rate quickly became very high, especially among the most vulnerable. Yet we had so little:
- no sound information about the disease
- no treatments
- no strategies for prevention
The world needed a well-supported international plan to deal with the pandemic. That was utterly lacking. Instead, massive misinformation, finger-pointing, false claims and panic- mongering prevailed; while decision-makers gave higher priority to the claims of patent- holders than to people’s needs around the world.
In Fratelli tutti, issued during the first year of the crisis (October 2020), Pope Francis explained why he established the Vatican’s Covid-19 Commission involving the Secretary of State, the Dicastery for Communications and, as coordinator, the Dicastery for Integral Human Development. It was his desire that the Church be of service to the world in the pandemic, to help us all respond “as a single human family, as fellow travelers sharing the same flesh, as children of the same earth which is our common home, each of us bringing the richness of his or her beliefs and convictions, each of us with his or her own voice, siblings all” (FT 8).
With this 2023 Message, which reflects back on Covid and looks ahead towards peace, the Covid-19 Commission has accomplished its work, and the concerns will be re-assumed by the participating Dicasteries.
Today the 2023 Peace Message invites us to ask:
- What have we learned from Covid?
- What lessons can we learn from this moment of crisis?
- What signs of life and hope can we collect despite this difficult time?
- After all we have suffered, what should be our vision of humanity and of society for the future?
- What are Covid-time’s lessons for peace?
“Let our hearts be changed by the emergency that we have lived through” Pope Francis urges, and “put the word together back in the centre.”
Intervento di Suor Alessandra Smerilli, F.M.A.
Nessuno può salvarsi da solo. Con il messaggio per la GMP 2023 Papa Francesco vuole farci ritornare ai momenti spaventosi, duri e dolorosi degli inizi della pandemia da Covid-19, e ci chiede di riflettere coraggiosamente su che cosa abbiamo imparato e su quali occasioni non abbiamo saputo cogliere. Da una crisi non si può uscire uguali, ci aveva detto il Papa sin dall’inizio: o se ne esce migliori o peggiori. Questo è il momento per chiederci, come singoli e come comunità: tre anni dopo siamo migliori o peggiori?
Nel marzo 2020 Papa Francesco istituì la Commissione Vaticana per il Covid-19, affidandole un compito che già vedeva lontano: «Preparare il futuro». Ci diceva: «Sto pensando a quello che viene dopo, al futuro e alle conseguenze economiche e sociali. Il futuro ha memoria. Vi chiedo di preparare il futuro in due modi: con la scienza positiva e con l’immaginazione, per uscire dall’alto da questo labirinto».
A fine anno 2022 la Commissione chiuderà i suoi lavori: non perché l’emergenza sia finita, ma perché ormai tutto il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale lavorerà con le modalità con cui la Commissione ha lavorato, cioè in ascolto e dialogo diretto con le Chiese e le realtà locali di ogni Continente e in collaborazione con altri Organismi e Dicasteri.
A proposito di pace, sul modello della Commissione Covid è nato anche il gruppo di lavoro “Catholic Response For Ucraine” (CR4U), promosso dal nostro Dicastero. Questo gruppo si è costituito come spazio di dialogo strutturato e coordinamento tra i tanti attori cattolici che si stanno prodigando per assistere la popolazione ucraina nei bisogni più impellenti. Ci aveva infatti chiesto “concretezza” Papa Francesco e cercheremo di continuare su questa strada. Nel contesto della pandemia “concretezza” sono stati gli aiuti a chi ne aveva più bisogno nei momenti più difficili dell’emergenza, ad esempio attraverso il progetto “Sister Ambassadors network”, che ha riconosciuto tante donne, religiose, come leader affidabili nelle loro comunità in materia di salute, in una fase in cui le comunità stesse erano immerse in tanta confusione.
La pandemia ci ha rivelato più acutamente diseguaglianze e fragilità sociali e ha minato la pace in tanti luoghi del mondo. Ciò ha impegnato Commissione e Dicastero a lavorare secondo le priorità che il Santo Padre ci ha assegnato: salute, lavoro, cibo. Con un’insistenza: “per tutti”. Ed è per questo che ora passo la parola a Maximo Torero, Chief Economist della FAO, con cui abbiamo lavorato tanto sui temi della sicurezza alimentare.
Videomessaggio del Dott. Maximo Torero
Testo del videomessaggio
It is a pleasure for me to provide some reflections on the message of his Holiness the Pope on the World Day of Peace. That fundamental right to which every one of us is entitled — to be free from hunger — is at risk today as never before. Amid multiple global crises, such as moral, social and political crises, climate change, pandemics and conflicts, growing inequalities and gender-based violence, more and more people are falling into the hunger trap.
As many as 828 million people faced hunger in 2021, an increase of 150 million since 2019, before the outbreak of the Covid-19 pandemic. Most recent projections indicate that more than 670 million people could still not have enough to eat in 2030.
This is a far cry from the “zero hunger” target that the world ambitiously committed to less than a decade ago. It also shows just how deep are the inequalities in societies across the world.
There is enough food to feed everyone in the world today. What is lacking is the capacity to buy food that is available because of high levels of poverty, inequalities, conflict and war. Slowdowns and downturns and climate are at the centre of the current and past food crises. The war in Ukraine has made things worse. It shocked the global energy market, which has caused food prices to surge even more. This year alone saw an increase of $25 billion in food import bills of the world’s 62 most vulnerable countries, a 39% increase relative to 2020.
During the Covid-19 pandemic, a health crisis rapidly evolved into a food crisis, as the virus caused a shortage of farm workers and threatened to break down food supply chains. It taught us the importance of understanding the interlinked challenges of meeting growing food demand while protecting environmental, social and economic sustainability, as envisaged under the Sustainable Development Goals.
Eighty percent of the global poor live in rural areas and rely on farming to survive. Many of them — women, children, indigenous people and people with disabilities — don’t have access to food and are struggling with poor harvest, expensive seeds and fertilizers, and lack of financial services. They are directly affected by the risks and uncertainties facing our agrifood systems.
The gravity of the situation demands a holistic approach to tackle the hunger problem. We must understand that these crises are interconnected. We must understand we all need each other and, if we don’t act with fraternity and solidarity, we won’t be able to resolve the tremendous challenges we are facing today. As the Pope says, we need “together” at the centre.
It means that we must take a human rights-based approach so as to apply human rights principles in our efforts. International frameworks provide legal and policy guidance to achieve universal, fundamental human rights.
The United Nations Committee on Economic, Social and Cultural Rights, for example, states that the right to food is indispensable for the fulfilment of other human rights. It emphasizes sustainability in that food must be accessible for both present and future generations. From availability, accessibility and healthy diets to food safety, consumer protection and the obligation of states to provide adequate food to their populations, it provides the foundation upon which to rebuild our agrifood systems.
Since human rights are indivisible and interdependent, one human right cannot be enjoyed fully unless other human rights are also fulfilled. Advocating policies that promote other human rights
— like health, education, water and sanitation, work and social protection — can positively impact the right to food as well. All of them are interconnected.
Let us remember the critical role the right to food plays, let us understand that if we are not together we won’t be able to solve our challenges. Let us understand that being together means fraternity and solidarity. This is the only way we can overcome the most painful conditions. We all need each other and we must follow these important principles. But without applying these principles, we cannot reduce poverty or improve the well-being of all.
Peace, food, and health are fundamental to life. And it is key to strengthening our global efforts to find lasting solutions to today’s challenges. Let us bring “together” back to the centre and learn from the crises of today for a better world of tomorrow.
Traduzione di lavoro in lingua italiana
È un piacere per me offrire alcune riflessioni sul messaggio di Sua Santità Papa Francesco in occasione della Giornata mondiale della pace. Quel diritto fondamentale a cui ognuno di noi ha diritto – essere liberi dalla fame – è oggi a rischio come mai prima d’ora. In mezzo a molteplici crisi globali, come quelle morali, sociali, politiche, i cambiamenti climatici, le pandemie, i conflitti, le crescenti disuguaglianze e la violenza di genere, sempre più persone cadono nella trappola della fame.
Ben 828 milioni di persone hanno affrontato la fame nel 2021, con un aumento di 150 milioni di persone in più rispetto al 2019, prima dello scoppio della pandemia di Covid-19. Le proiezioni più recenti indicano che nel 2030 oltre 670 milioni di persone potrebbero ancora non avere abbastanza da mangiare.
È una cifra molto lontana dall’obiettivo “fame zero” che, meno di un decennio fa, il mondo si è impegnato ambiziosamente a raggiungere. E dimostra anche quanto siano profonde le disuguaglianze nelle società di tutto il mondo.
Oggi nel mondo c’è cibo a sufficienza per sfamare tutti. Ciò che manca è la capacità di acquistare il cibo disponibile a causa degli alti livelli di povertà e disuguaglianze. I conflitti, le guerre, i rallentamenti e le fluttuazioni economiche e le questioni climatiche sono al centro delle crisi attuali e passate. La guerra in Ucraina ha peggiorato la situazione. Ha sconvolto il mercato globale dell’energia, provocando un ulteriore aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Solo quest’anno si è registrato un incremento di 25 miliardi di dollari nelle spese per le importazioni alimentari dei 62 Paesi più vulnerabili del mondo, con un aumento del 39% rispetto al 2020.
Durante la pandemia di Covid-19, una crisi sanitaria si è rapidamente trasformata in una crisi alimentare, in quanto il virus ha causato una carenza di lavoratori agricoli e ha minacciato di interrompere le catene di fornitura alimentare. Ci ha insegnato l’importanza di comprendere le sfide interconnesse per soddisfare la crescente domanda di cibo, proteggendo al contempo la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, come previsto dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals).
L’80% dei poveri del mondo vive nelle aree rurali e dipende dall’agricoltura per sopravvivere. Molti di loro – donne, bambini, popolazioni indigene e persone con disabilità – non hanno accesso al cibo e devono fare i conti con raccolti scarsi, sementi e fertilizzanti costosi e mancanza di servizi finanziari. Sono direttamente colpiti dai rischi e dalle incertezze che affliggono i nostri sistemi agroalimentari.
La gravità della situazione richiede un approccio olistico per affrontare il problema della fame. Dobbiamo capire che queste crisi sono interconnesse. Dobbiamo capire che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri e che se non agiamo con fraternità e solidarietà non saremo in grado di risolvere le immense sfide che stiamo affrontando oggi. Come dice il Papa, dobbiamo mettere “l’insieme” al centro.
Ciò significa che dobbiamo adottare un approccio basato sui diritti umani, in modo da applicare i principi dei diritti umani nei nostri sforzi. I quadri internazionali forniscono indicazioni legali e politiche per raggiungere i diritti umani universali e fondamentali.
Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali, ad esempio, afferma che il diritto all’alimentazione è indispensabile per il riconoscimento di altri diritti umani. Sottolinea la sostenibilità in quanto il cibo deve essere accessibile sia per le generazioni presenti che per quelle future. Dalla disponibilità, l’accessibilità e le diete sane alla sicurezza alimentare, la protezione dei consumatori e l’obbligo degli Stati di fornire cibo adeguato alle loro popolazioni, fornisce le basi su cui ricostruire i nostri sistemi agroalimentari.
Poiché i diritti umani sono indivisibili e interdipendenti, un diritto umano non può essere goduto appieno se non vengono soddisfatti anche altri diritti umani. Sostenere politiche che promuovano altri diritti umani – come la salute, l’istruzione, l’acqua e i servizi igienici, il lavoro e la protezione sociale – può avere un impatto positivo anche sul diritto al cibo. Tutti questi diritti sono interconnessi.
Ricordiamo il ruolo critico del diritto al cibo, comprendiamo che se non siamo insieme non saremo in grado di risolvere le nostre sfide. Comprendiamo che stare insieme significa fratellanza e solidarietà. Solo così possiamo superare gli eventi più dolorosi. Abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri e dobbiamo realizzare questi importanti principi. Senza questi principi, non possiamo ridurre la povertà né migliorare il benessere di tutti.
Pace, cibo e salute sono fondamentali per la vita. E sono la chiave per rafforzare i nostri sforzi globali per trovare soluzioni durature alle sfide di oggi. Riportiamo “l’insieme” al centro e impariamo dalle crisi di oggi per costruire un mondo migliore domani.
Intervento del Sig. Simone Cristicchi
Nella lettura del messaggio di Papa Francesco ho individuato tre parole chiave, che mi stanno molto a cuore. Parole urgenti, necessarie, che servono per ricominciare un cammino, nella confusione che viviamo in questo momento storico.
La prima parola è Attenzione.
Nel Dhammapada, il testo sacro del buddhismo ho trovato scritto: “Gli attenti non muoiono mai. I disattenti sono come già morti!” È come se dicesse che l’attenzione, essere vigili, è la chiave per l’immortalità”. Invece, sul vocabolario della lingua italiana, alla voce “attenzione” c’è scritto “volgere l’animo verso qualcosa”. Quindi, significa andare oltre me stesso, evadere dalla prigione del mio ego, e accorgermi che esiste il mondo, prendermi cura del microcosmo in
cui vivo, e degli altri esseri umani. Non lasciarmi influenzare, comprare da un potere che investe ogni giorno miliardi sulla mia distrazione.
La seconda parola che ho trovato nel messaggio è Umiltà.
Viene dal latino, Humus. L’ humus – lo sanno bene i contadini – è quella sostanza che rende fertile la terra. Quindi, essere umili è sentirsi come un campo arato, pronti ad accogliere i semi di bellezza e conoscenza che tutti mi possono donare. Da un bambino a un anziano, da una casalinga a un filosofo, se torno ad essere terra, posso davvero imparare da chiunque!
Mi piace l’umiltà dell’allodola, l’uccellino prediletto da San Francesco, che si ciba delle poche briciole che trova, e canta dalla mattina al tramonto col cuore pieno di gioia. L’umiltà di chi vive in disparte, di chi non insegue il consenso, e non vuole emergere a tutti i costi. I “santi silenziosi” li chiamo: dei perfetti “signor nessuno”, che si occupano della loro piccolissima porzione di mondo, senza chiedere applausi o medaglie al valore. Perché è molto meglio un anonimo perbene, che un mediocre di successo.
Mi piace l’umiltà di chi non reagisce alle offese, perché diventa così piccolo da non essere centrato da nessun colpo. L’umiltà dell’albero, che regala l’ossigeno, i frutti, la legna, l’ombra, senza chiedere niente in cambio. E tutto questo lo do per scontato, solo perché non me lo fa pagare. E allora, essere umile significa dire “grazie”, anche a un albero qualsiasi.
La terza parola, che contiene in sé le altre due, è Cura, ed è al centro della canzone che ho scelto di eseguire oggi.
Nadia Maria, una suora di clausura che è diventata mia amica, ascoltò la canzone in anteprima: “Abbi cura di me” può essere interpretata come una preghiera di Dio all’uomo! Perché Dio ha bisogno che ci prendiamo cura di lui e del creato, per portare a compimento la sua Opera”.
In ognuno di noi esiste questa fragilità, questo senso di separazione da qualcosa. Da quando veniamo gettati nel mondo, dal momento in cui usciamo dalla pancia materna, cerchiamo quel senso di completezza, che si può trovare nell’amore, nell’abbraccio di un amico o del Divino.
In questo senso, le parole di “Abbi cura di me” diventano una sorta di preghiera d’amore universale, una richiesta di aiuto, una dichiarazione di fragilità, che tutti possono interpretare e sentire come propria. Non abbiamo bisogno di urla, ma di sussurri.
Non ci servono schiaffi, ma carezze.
Non dobbiamo apparire forti a tutti i costi, ma nella fragilità sentire la nostra potenza. Perché non siamo al mondo per essere perfetti, ma per essere veri.