Oggi (4 settembre) nella diocesi di Fermo abbiamo la memoria liturgica del Beato Pellegrino da Falerone. Immaginando che pochi sappiano qualcosa di lui si pubblica quanto è scritto nel libro di don Cecarini Giuseppe, “Santi e Beati particolarmente venerati nell’arcidiocesi di Fermo”, pubblicato nel 2014. Nella pagina 45 troviamo queste note.
Proveniente da una nobile famiglia di Falerone, studiò filosofia e diritto canonico a Bologna. Fu tra i primi discepoli di san Francesco, che gli profetizzò, nel primo incontro, che l’avrebbe seguito in una via di umiltà e penitenza. Pellegrino dette a queste parole il valore di un comando venuto dal cielo ed entrò nell’ordine francescano, con l’animo ben disposto a eseguire gli incarichi più umili.
Il beato Bernardo di Chiaravalle vedeva in Pellegrino uno dei religiosi più esemplari. Spinto dal suo zelo, Pellegrino si recò in Terra Santa per svolgere l’apostolato fra le popolazioni più infedeli. Nelle sue aspirazioni, c’era quella di aggiungere il martirio per testimoniare la sua fede e il suo amore verso Dio verso il prossimo.
Tornato in Italia, riprese il suo ritmo di vita nella preghiera, nell’umiltà in un totale nascondimento di se stesso. Nei conventi in cui andava si diffondeva la fama della sua santità. A lui erano affidati i servizi più umili, che accettava con gioia.
Negli ultimi anni della vita si fermò nel convento di San Severino Marche, ove morì nel 1233.
Dopo la sua morte, crebbe la venerazione del popolo verso di lui, anche per i tanti miracoli compiuti nel suo nome. Il papa Pio VII ne approvò il culto il 31 luglio 1821 e la festa liturgica fu fissata al 4 settembre.