DOMENICA 30 Marzo
GESÙ DISSE AL CIECO: «TU CREDI NEL FIGLIO DELL’UOMO?»
SAMUELE deve ungere il re di Israele, e fa quello che il Signore gli comanda (I Lettura). «Non guardare al suo aspetto»: istintivamente Samuele si rivolge a chi possiede le qualità umane più appariscenti. Anche noi giudichiamo allo stesso modo, anche se, a parole, diciamo che non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze. Come Samuele, dovremmo renderci disponibili a guardare il cuore. «Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore ». Paolo distingue due tempi: prima e dopo la conversione. Siamo oltre la metà della Quaresima, se qualcuno sonnecchia, ascolti quello che Paolo (II Lettura) scrive agli abitanti di Efeso: «Svegliati tu che dormi e Cristo ti illuminerà!». Giovanni ci porta a scoprire un secondo segno del cammino battesimale: la luce. Nel racconto della guarigione Gesù opera un rovesciamento di condizione: «Perché coloro che non vedono, vedano, e coloro che vedono diventino ciechi». I discepoli, i farisei, i genitori del cieco sono incapaci di “vedere”. Solo il cieco, arriva a vedere perché crede in Gesù. (da La Domenica)
COMMENTO
Al centro del vivo racconto offertoci dal Vangelo di Giovanni sta Gesù. E’ lui che crea problema. Dietro le quattro interrogazioni – domanda dei vicini circa l’identità del cieco, prima interrogazione dei farisei al cieco, interrogazione dei suoi genitori, seconda interrogazione del cieco – c’è l’interrogativo fondamentale: Chi è questo Gesù che guarisce in giorno di sabato, cioè nel giorno in cui è proibito spalmare con della saliva e impastare del fango? Da dove viene? In realtà su questo interrogativo si sviluppa la contrapposizione tra il cieco nato guarito ed i farisei. L’uomo, sottoposto alle domande,dà in ciascuna di esse delle affermazioni sempre più profonde nei riguardi di Gesù. I suoi occhi si aprono progressivamente alla conoscenza di Gesù. Infatti il recupero della sua vista procede di pari passo con la sua scoperta di chi è Gesù. All’inizio, per lui Gesú non è che un uomo: “Quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango…”. Dopo all’interrogativo “Che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?”, egli risponde: “È un profeta!”. Ha fatto un passo avanti; ha capito che Gesù è un inviato da Dio, che parla e opera in nome di lui. Infine, incontrando di nuovo Gesú, gli grida: “Io credo, Signore!” e si prostra dinanzi a lui per adorarlo, riconoscendolo così apertamente come suo Signore e suo Dio. In effetti non solo i suoi occhi fisici acquistano la vista, ma l’intera sua vita si apre a Gesù Figlio dell’uomo, luce del mondo. Al contrario gli occhi dei farisei progrediscono verso l’accecamento; essi vogliono addirittura negare l’evidenza della guarigione. Allorché il cieco guarito asserisce che Gesù non può non venire da Dio avendo compiuto il miracolo, essi lo condannano come un peccatore.
L’affermazione finale di Gesù è drammatica: Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché quelli che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi. Egli dichiara che davanti a lui si possono dare due atteggiamenti: quello del cieco nato che si apre alla conoscenza di Lui e lo sceglie, e quello dei farisei che, pur avendo occhi fisici, non si sottopongono al giudizio di Dio, il quale si rileva come a lui piace. I farisei non accettano Gesù, facendo leva sull’osservanza del sabato e sul fatto che Dio ha parlato a Mosè. Ad essi Gesù risponde che Egli è padrone del sabato e che il miracolo da lui compiuto è esso stesso una parola più grande di quelle dette a Mosè sul Sinai. Gesù, nel rivendicare il diritto di operare di sabato, rivendica una prerogativa divina. Per i giudei il privilegio del sabato era proprio di Dio e nessuno era eguale a Dio (cf Es 15,11;Is 46,5;Sal 89,8). Gesù è padrone del sabato perché opera come suo Padre.
Il cieco nato ha compiuto un itinerario di fede: dopo aver sperimentato la guarigione fisica, ha saputo riconoscere in Colui che gli aveva donato la luce degli occhi il Figlio dell’uomo, Salvatore di tutta la sua vita. Egli, con la sua professione di fede, dà la risposta agli interrogativi che soggiacciono alle domande poste dai farisei: Chi è questo Gesù che guarisce in giorno di sabato? Da dove viene?
L’incontro del cieco nato con Gesù, la sua guarigione, la sua fede ci interpellano e ci invitano a porci l’interrogativo: Chi è Gesù per me? La fede cristiana è anzitutto credere in Gesù Cristo, esprimere con tutta la nostra vita l’incontro con Lui, la nostra intima unione con Lui. Gesù vuole un’adesione piena e incondizionata alla sua persona; ci domanda: “Vuoi incontrarti con me, vuoi deciderti per me?” Forse i nostri occhi rassomigliano a quelli dei farisei, i quali non riescono a vedere in Gesù, l’inviato dal Padre, il Salvatore dell’uomo, la luce del mondo. A ciascuno di noi Gesù oggi ripete:Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita ( Gv 8,12). Ripete: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me” (Gv 14,1).
La radice della nostra cecità sta nel peccato, il quale ci impedisce di vedere Gesù e di credere autenticamente in Lui. Il tempo quaresimale è il tempo nel quale dobbiamo chiederci in modo del tutto particolare: quali sono le nostre resistenze e chiusure nei riguardi di Gesù? La luce della fede in Lui illumina le nostre scelte di ogni giorno? La salvezza o la rovina dell’uomo si gioca di fronte a Cristo. La decisione di accettarlo o di rifiutarlo è nel segreto del nostro cuore. (da La Confraternità di S. Giovanni Battista de Genovesi).