Beatissimo Padre,
la visita del Pontefice al Quirinale costituisce sempre un’occasione speciale, ulteriormente accentuata dall’affetto che circonda la Sua figura.
La accoglie un palazzo, che reca i segni dell’attività feconda di tanti suoi predecessori, divenuto sempre più, negli anni, “Casa degli italiani”.
Le origini della Sua famiglia, la Sua appartenenza dal 2001 al clero romano come titolare di San Bellarmino, culminata nella Sua elezione a Sommo Pontefice, Vescovo di Roma, siamo certi che rendano questa visita, anche per Lei, un evento familiare.
Abbiamo voluto condividere il benvenuto che Le rivolgiamo anche con tanti ragazzi delle scuole delle zone colpite dal terremoto, di Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio, Emilia Romagna.
Alcuni – i più grandi – sono con noi in questa sala, insieme ai più alti rappresentanti delle istituzioni, mentre i più piccoli La attendono, Santità, per salutarla al termine della cerimonia, nei giardini.
Il benvenuto nell’accoglierLa si accompagna ad alcune riflessioni, che la Sua visita sollecita e che il suo magistero ispira.
La prima di queste riflessioni riguarda la dimensione della responsabilità, chiamata a declinarsi, quotidianamente, all’interno delle Istituzioni, per affermare quei valori di centralità della persona, di giustizia, di solidarietà, di condivisione, che sono iscritti nel nostro dettato costituzionale e sono anche alla base di tante manifestazioni della testimonianza della Chiesa Cattolica.
Ella stessa, Santità, nel Suo recente viaggio apostolico a Genova, ha voluto ricordare, nell’incontro con i lavoratori, la nostra Carta Costituzionale e, nel menzionarne il primo articolo, ha affermato che proprio “attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale”.
Queste Sue parole fanno ben comprendere quanto sia elevata la responsabilità che incombe su chi è chiamato a esercitare pubblici poteri e quanto profondo debba essere l’impegno nell’assicurare, giorno dopo giorno, che a tutti sia garantito – specialmente attraverso il lavoro – dignità, riconoscimento di un ruolo nella società, rispetto, elementi fondanti di ogni civile convivenza.
Agire con crescente impegno affinché prevalgano condizioni di equità, e quindi di stabilità sociale e di concordia, è un obiettivo che deve trovare prioritaria applicazione nei confronti dei giovani.
Questa stagione ne sta mettendo a dura prova le aspettative, le prospettive di vita personale, mettendo a rischio il buon futuro dell’intera società.
Eppure, con il loro instancabile fervore e con un entusiasmo sempre rinnovato, i giovani ci interpellano; e richiamano alla necessità di esercitare la nostra responsabilità, individuale e collettiva, nell’elaborare politiche di crescita al passo con i tempi.
Una società – ove i ritmi, imposti dal progresso delle comunicazioni, dai social media, dalla tecnologia, rendono le scelte pubbliche sempre più complesse – esige maggiore, e costante, attenzione verso questo obiettivo.
L’occupazione, e la dignità – che ad essa è intrinsecamente legata – deve costituire il centro dell’esercizio delle responsabilità di istituzioni e forze sociali, così da prevenire e curare fenomeni di emarginazione, povertà, solitudine e degrado.
Un’altra dimensione nella quale si deve avvertire responsabilità è quella del rispetto dell’ambiente.
Rappresenta un paradosso quello di un pianeta, reso ancor più fortemente interdipendente dal progresso tecnologico, nel quale la crescita economica è, da una parte, necessaria ma, dall’altra, quando perseguita con intenti di sfruttamento, è anche concausa di grandi catastrofi, quali la desertificazione di intere regioni, attraverso l’accentuazione di fenomeni globali incontrollati, come il riscaldamento del pianeta.
Queste circostanze richiamano la profonda meditazione che Ella, Santità, ha rivolto all’umanità con la lettera Enciclica Laudato si’.
Da essa, a partire dal riconoscimento del comune destino che lega ormai i popoli del pianeta, tutti possiamo trarre ispirazione per politiche che tendano a realizzare condizioni di sano equilibrio fra rispetto della natura, sviluppo economico inclusivo e rifiuto della cultura dello “scarto”.
In questo senso l’Accordo di Parigi sul clima, concluso soltanto pochi mesi dopo la pubblicazione della Sua Enciclica, rappresenta un punto di partenza al quale non intendiamo abdicare.
Approccio ecologico e approccio sociale sono giunti a coincidere: la giustizia passa attraverso la custodia delle risorse disponibili e la loro equa distribuzione.
L’interdipendenza tra popoli e persone ha sempre contrassegnato l’umanità ma, accresciutasi nel tempo, costituisce un carattere, imprescindibile, di questa epoca e sempre più di quelle a venire. Questa condizione conduce a riflettere sulla necessità di gesti di reciproca disponibilità e di riconciliazione.
Il Giubileo della Misericordia da Lei proclamato, proponendo il valore della compassione e del perdono, ha offerto una indicazione importante del significato di speranza che questi valori devono e possono assumere per le comunità civili, per i rapporti tra gli Stati, per quelli tra le singole persone.
I Suoi viaggi apostolici sono sempre ricchi di testimonianze e abbiamo guardato con particolare ammirazione e fiducia, Santo Padre, alla Sua recente missione in Egitto, e al Suo colloquio con le autorità religiose islamiche dell’Università di El Azhar. Parole, e gesti, che hanno rappresentato un passo decisivo verso una maggiore comprensione reciproca, verso la costituzione di un fronte comune nei confronti dell’estremismo e del fanatismo, di qualunque matrice esso sia.
L’importanza di questo richiamo risalta ancor più di fronte alla barbarie del terrorismo che, anche negli ultimi tempi, ha seminato lutti in tanti continenti e che, in molte regioni del pianeta, in Africa come in Medio Oriente, minaccia quotidianamente le comunità cristiane.
I risultati del progresso scientifico offrono, particolarmente nel campo dell’informazione, della comunicazione e della mobilità, preziosi strumenti di aumento delle possibilità di conoscenza, interrelazione e collaborazione, avvicinando le persone, e luoghi geograficamente distanti.
Talvolta questi mezzi, in contraddizione con la loro stessa finalità, rischiano di diventare strumenti di dominio o un ambito in cui, piuttosto che ricercare incontro e reciproco accrescimento, riversare tensioni, violenza verbale, aggressività. E’ sempre più richiesta la consapevolezza di quei valori universali di rispetto e di tolleranza la cui condivisione rappresenta l’antidoto più efficace per arrestare il diffondersi dell’odio.
E’ di un costante impegno di riconciliazione e di reciproca disponibilità che il mondo in cui viviamo avverte il bisogno più immediato per assicurare tolleranza e pacifica convivenza e, soprattutto, per costruire risposte solide e corali ai grandi problemi del mondo contemporaneo.
Un esempio – che è al contempo grido di sofferenza e voce di speranza – è rappresentato dal dramma dei migranti. Governarlo richiede un comune impegno da parte della comunità internazionale, dei Paesi di provenienza e transito, di quelli di approdo e – per quanto ci riguarda più da vicino – dell’intera Unione Europea.
I problemi, i grandi problemi di questa epoca, se affrontati con un approccio inadeguato e angusto e con scarsa lungimiranza, rischiano di travolgerci. Ciascuno, nei suoi comportamenti quotidiani, le Istituzioni nella loro azione e i Paesi tutti, possono ottenere risultati soltanto se decidono di agire insieme.
In questo comune sforzo di riconciliazione si iscrive storicamente il grande progetto europeo. Una riconciliazione che ha un significato che va ben al di là di una ritrovata concordia fra ex nemici. Il progetto di integrazione continentale, così come lo intendevano i Padri fondatori, è riuscito a portare pace, benessere e stabilità perché ha riconciliato l’Europa con se stessa, con le sue radici, con i suoi valori, riscoprendo, come Vostra Santità ha detto ai Capi di Stato e di Governo, in occasione del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma: “la centralità dell’uomo, una solidarietà fattiva, l’apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l’apertura al futuro”. Questi intendimenti devono essere coerentemente sviluppati e perseguiti in ogni circostanza, anche in quelle più impegnative.
Santità,
nell’impegno a favore degli “ultimi”, che continua a risuonare nelle Sue parole, l’Italia ha sempre potuto fare affidamento sul sostegno della Chiesa Cattolica.
Siamo certi che l’azione della Chiesa, e delle sue tante compagini, contribuirà a rafforzare quel senso di comunità che nel nostro Paese è radicato e forte ma che, tuttavia, può incrociare, talvolta, un insufficiente spirito di concreta autentica convivenza.
La Sua visita, Santità, costituisce un’occasione per ringraziare la Chiesa Cattolica per la sua instancabile azione, al fianco delle Istituzioni nazionali, nella più ampia riaffermazione dei valori di giustizia, equità, apertura e tolleranza sui quali si fonda la Repubblica.
Il Concordato, arricchito, di anno in anno, dai colloqui che si svolgono in occasione dell’anniversario della sua firma, ha confermato il suo ruolo di prezioso quadro di collaborazione.
Una presenza, quella della Chiesa cattolica, che risalta, in modo particolare, nei momenti più difficili della nostra vita nazionale, come quello recente dell’emergenza del terremoto che ha colpito le Regioni del Centro Italia e che l’ha vista – in tutte le sue espressioni, dalle organizzazioni di volontariato ai movimenti laicali – fortemente impegnata al fianco delle Istituzioni, per alleviare la sofferenza delle popolazioni interessate.
Sappiamo di poter trovare nella Chiesa – come la Santità Vostra ci ha ricordato in occasione della mia visita in Vaticano due anni addietro – “un valido e utile sostegno” nella consapevolezza, e ricordo ancora le Sue puntuali parole, che “la reciproca autonomia non fa venir meno, ma esalta, la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità”.
Grazie, Santità, per questa Sua visita, grazie per la Sua opera al servizio dell’umanità e grazie alla Chiesa in Italia per il suo costante impegno a favore della comunità nazionale.