DOMENICA 16 Marzo (in parrocchia 50° Anniversario di sacerdozio di don Giuseppe Morresi)

DAL MISTERO DELLA CROCE ALLA GLORIA DEL FIGLIO DI DIO

FA riflettere il Vangelo di Marco nella liturgia odierna, dove si narra della Trasfigurazione di Cristo. Perché questo anticipo della manifestazione della gloria del Figlio di Dio? I discepoli da lì a poco sarebbero stati sconvolti dallo scandalo della croce, dalla Passione e dalla morte del loro Maestro. Ecco che allora Dio interviene e offre loro un anticipo della sua gloria. Egli fissa nelle loro menti quel momento di splendore per esorcizzare la paura e la disperazione nell’apparente sconfitta della morte in Croce. Nei momenti di dolore e di difficoltà dovranno ricordarsi di quello spiraglio di gloria e fondare su di esso la loro fortezza di fronte alle prove della vita. Nessun nemico sulla terra potrà togliere quel destino di felicità. La sofferenza e la morte non avranno l’ultima parola. È per questo che Cristo si è trasfigurato. È per farci vivere di fede come Abramo (I Lettura) che parte senza indugio confidando nella parola del Signore. È per abbandonarci pienamente alla grazia, come invita l’apostolo Paolo (II Lettura), perché un giorno anche i nostri corpi saranno trasformati come quello di Cristo. (Da La Domenica)

COMMENTO

Può sorprendere il fatto che la Liturgia nel tempo austero della Quaresima ci inviti a riflettere sulla scena gloriosa della trasfigurazione di Gesù. Il significato di questa proposta è illustrato nella preghiera del Prefazio, dove si dice: Cristo dopo aver dato ai discepoli l’annunzio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria, e, chiamando a testimoni la legge e i profeti, indicò agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere con lui al trionfo della risurrezione. In questa prospettiva ci fa chiaro come il racconto della trasfigurazione è un aiuto a comprendere meglio il cammino quaresimale ed a viverlo autenticamente.
L’episodio è collocato dopo il primo annunzio della passione e risurrezione di Gesù, con la relativa indicazione delle condizioni per seguirlo (cf Mt 16,21-27). L’evangelista Matteo come anche Marco segnala questa successione con una annotazione cronologica “sei giorni dopo”.
Matteo rileva che lo splendore del volto di Gesù trasfigurato è come quello del sole e il candore delle sue vesti come quello della luce. Accanto a Gesù trasfigurato appaiono due personaggi: Mosè ed Elia: il primo, il rappresentante della legge; il secondo il rappresentante dei profeti che hanno parlato in nome di Dio. Essi sono accanto a Gesù per confermare la sua identità. Conversano con Lui. Matteo non precisa l’oggetto della conversazione. L’evangelista Luca ci offre un’informazione interessante notando che essi “parlavano della dipartita che Gesù avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (Lc 9,31) e quindi della sua morte in croce. La trasfigurazione prepara la passione ed è la conferma delle profezie di Gesù concernenti la sua passione. Egli muore per entrare nella luce della risurrezione. Gli apostoli, imbevuti di attese di un messia glorioso, non lo comprendono ancora a pieno. L’intervento di Pietro ne è la prova. Da qui il suo desiderio di volere fare tre tende: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».Le tre tende di cui egli parla rivelano implicitamente il significato che gli apostoli danno alla scena della trasfigurazione: l’instaurazione di una felicità messianica terrena.
Proprio per dissipare ogni equivoco interviene l’apparizione della nube luminosa che ricopre i tre apostoli e la voce del Padre che proclama:
“Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”.
E’ la stessa dichiarazione divina fatta durante il battesimo di Gesù nel Giordano (cf Mt 3,16-17). Adesso essa è rivolta ai discepoli con l’aggiunta del comando di “ascoltarlo”. La dichiarazione divina invita a riconoscere in Gesù il messia atteso, il Figlio di Dio. Essa allo stesso tempo, richiamando i carmi del servo di Jahvè, cioè la connotazione di un messia umile e fedele, corregge l’interpretazione di Pietro.
L’evangelista Matteo vuole sottolineare che Gesù in quanto Figlio amato e servo umile fedele porta a compimento la legge e i profeti (cf Mt 5,17) e che ormai Egli solamente è il legislatore e il profeta. Mose ed Elia rassegnano le loro dimissioni e i loro poteri nelle sue mani.

 

La trasfigurazione solleva il velo sul mistero di Gesù, ma svela anche il destino del discepolo di Gesù. La vita del discepolo è come quella del maestro, incamminata verso la croce e verso la risurrezione. E’ un destino da vivere nella convinzione che ogni sofferenza, ogni lotta per rimanere fedeli a Gesù sfocia nella gloria, nella gioia della risurrezione. Tutto ciò che è sofferenza, croce e apparentemente sconfitta sul piano esistenziale viene trasfigurato; significativo è quanto diceva san Francesco d’Assisi: “ciò che era amaro mi fu cambiato in dolcezza”.
Decisiva è la voce che risuona come invito perentorio “Ascoltatelo”. Ascoltare Gesù significa accoglierlo, aderire al suo messaggio, seguirlo con impegno e con gioiosa costanza ogni giorno. Il tempo della Quaresima è un tempo privilegiato in cui dobbiamo chiederci seriamente e sinceramente se veramente ascoltiamo Gesù, se siamo a lui effettivamente fedeli.
La trasfigurazione di Gesù ci fa comprendere anche che il cammino quaresimale assume il suo significato più autentico se esso è vivificato dalla preghiera. La “trasfigurazione” della nostra vita si può realizzare solamente alla luce della preghiera. Dio soltanto può darci la forza per camminare verso la “novità” della Pasqua, per prepararci interiormente alla sua celebrazione. (Da Confraternita di San Giovanni Battista de’ Genovesi)