Il 30 aprile 2023, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 60a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema “Vocazione: grazia e missione”. Di seguito il Messaggio che Francesco invia per l’occasione ai Vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati ed ai fedeli di tutto il mondo:
Vocazione: grazia e missione
Cari fratelli e sorelle, carissimi giovani!
È la sessantesima volta che si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni,
istituita da San Paolo VI nel 1964, durante il Concilio Ecumenico Vaticano II. Questa iniziativa
provvidenziale si propone di aiutare i membri del Popolo di Dio, personalmente e in comunità, a
rispondere alla chiamata e alla missione che il Signore affida ad ognuno nel mondo di oggi, con
le sue ferite e le sue speranze, le sue sfide e le sue conquiste.
Quest’anno vi propongo di riflettere e pregare guidati dal tema “Vocazione: grazia e missione”.
È un’occasione preziosa per riscoprire con stupore che la chiamata del Signore è grazia, è dono
gratuito, e nello stesso tempo è impegno ad andare, a uscire per portare il Vangelo. Siamo
chiamati alla fede testimoniale, che stringe fortemente il legame tra la vita della grazia,
attraverso i Sacramenti e la comunione ecclesiale, e l’apostolato nel mondo. Animato dallo
Spirito, il cristiano si lascia interpellare dalle periferie esistenziali ed è sensibile ai drammi
umani, avendo sempre ben presente che la missione è opera di Dio e non si realizza da soli,
ma nella comunione ecclesiale, insieme ai fratelli e alle sorelle, guidati dai Pastori. Perché
questo è da sempre e per sempre il sogno di Dio: che viviamo con Lui in comunione d’amore.
«Scelti prima della creazione del mondo»
L’apostolo Paolo spalanca davanti a noi un orizzonte meraviglioso: in Cristo, Dio Padre «ci ha
scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore
della sua volontà» (Ef l,4-5). Sono parole che ci permettono di vedere la vita nel suo senso
pieno: Dio ci “concepisce” a sua immagine e somiglianza e ci vuole suoi figli: siamo stati creati
dall’Amore, per amore e con amore, e siamo fatti per amare.
Nel corso della nostra vita, questa chiamata, inscritta dentro le fibre del nostro essere e
portatrice del segreto della felicità, ci raggiunge, per l’azione dello Spirito Santo, in maniera
sempre nuova, illumina la nostra intelligenza, infonde vigore alla volontà, ci riempie di stupore e
fa ardere il nostro cuore. A volte addirittura irrompe in modo inaspettato. È stato così per me il
21 settembre 1953 quando, mentre andavo all’annuale festa dello studente, ho sentito la spinta
ad entrare in chiesa e a confessarmi. Quel giorno ha cambiato la mia vita e le ha dato
un’impronta che dura fino a oggi. Però la chiamata divina al dono di sé si fa strada man mano,
attraverso un cammino: a contatto con una situazione di povertà, in un momento di preghiera,
grazie a una testimonianza limpida del Vangelo, a una lettura che ci apre la mente, quando
ascoltiamo una Parola di Dio e la sentiamo rivolta proprio a noi, nel consiglio di un fratello o una
sorella che ci accompagna, in un tempo di malattia o di lutto…La fantasia di Dio che ci chiama è
infinita.
E la sua iniziativa e il suo dono gratuito attendono la nostra risposta. La vocazione è «l’intreccio
tra scelta divina e libertà umana»[1]
, un rapporto dinamico e stimolante che ha per interlocutori
Dio e il cuore umano. Così il dono della vocazione è come un seme divino che germoglia nel
terreno della nostra vita, ci apre a Dio e ci apre agli altri per condividere con loro il tesoro
trovato. Questa è la struttura fondamentale di ciò che intendiamo per vocazione: Dio chiama
amando e noi, grati, rispondiamo amando. Ci scopriamo figli e figlie amati dallo stesso Padre e
ci riconosciamo fratelli e sorelle tra noi. Santa Teresa di Gesù Bambino, quando “vide”
finalmente con chiarezza questa realtà, esclamò: «La mia vocazione l’ho trovata finalmente! La
mia vocazione è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa […]. Nel cuore della Chiesa,
mia Madre, sarò l’amore»[2]
.
«Io sono una missione su questa terra»
La chiamata di Dio, come dicevamo, include l’invio. Non c’è vocazione senza missione. E non
c’è felicità e piena realizzazione di sé senza offrire agli altri la vita nuova che abbiamo trovato.
La chiamata divina all’amore è un’esperienza che non si può tacere. «Guai a me se non
annuncio il Vangelo!», esclamava San Paolo (1 Cor 9,16). E la Prima Lettera di Giovanni inizia
così: “Quello che abbiamo udito, veduto, contemplato e toccato – cioè il Verbo fatto carne – noi
lo annunciamo anche a voi perché la nostra gioia sia piena” (cfr 1,1-4).
Cinque anni fa, nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, mi rivolgevo così ad ogni
battezzato e battezzata: «Anche tu hai bisogno di concepire la totalità della tua vita come una
missione» (n. 23). Sì, perché ognuno di noi, nessuno escluso, può dire: «Io sono una missione
su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 273).
La missione comune a tutti noi cristiani è quella di testimoniare con gioia, in ogni situazione, con
atteggiamenti e parole, ciò che sperimentiamo stando con Gesù e nella sua comunità che è la
Chiesa. E si traduce in opere di misericordia materiale e spirituale, in uno stile di vita
accogliente e mite, capace di vicinanza, compassione e tenerezza, controcorrente rispetto alla
cultura dello scarto e dell’indifferenza. Farsi prossimo, come il buon samaritano (cfr Lc 10,25-
37), permette di capire il “nocciolo” della vocazione cristiana: imitare Gesù Cristo che è venuto
per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45).
Quest’azione missionaria non nasce semplicemente dalle nostre capacità, intenzioni o progetti,
né dalla nostra volontà e neppure dal nostro sforzo di praticare le virtù, ma da una profonda
esperienza con Gesù. Solo allora possiamo diventare testimoni di Qualcuno, di una Vita, e
questo ci rende “apostoli”. Allora riconosciamo noi stessi «come marcati a fuoco da tale
missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (Esort. ap. Evangelii
gaudium, 273).
Icona evangelica di questa esperienza sono i due discepoli di Emmaus. Dopo l’incontro con
Gesù risorto essi si confidano a vicenda: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli
conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32). In loro possiamo
vedere che cosa significhi avere “cuori ardenti e piedi in cammino”[3]
. È quanto mi auguro
anche per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona, che attendo con gioia e che
ha per motto: «Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39). Che ognuno e ognuna si senta
chiamato ad alzarsi e andare in fretta, con cuore ardente!
Chiamati insieme: convocati
L’evangelista Marco racconta il momento in cui Gesù chiamò a sé dodici discepoli, ciascuno col
proprio nome. Li costituì perché stessero con lui e per inviarli a predicare, guarire le malattie e
scacciare i demoni (cfr Mc 3,13-15). Il Signore pone così le basi della sua nuova Comunità. I
Dodici erano persone di ambienti sociali e mestieri differenti, non appartenenti alle categorie più
importanti. I Vangeli ci raccontano poi di altre chiamate, come quella dei settantadue discepoli
che Gesù invia a due a due (cfr Lc 10,1).
La Chiesa è appunto Ekklesía, termine greco che significa: assemblea di persone chiamate,
convocate, per formare la comunità dei discepoli e delle discepole missionari di Gesù Cristo,
impegnati a vivere il suo amore tra loro (cfr Gv 13,34; 15,12) e a diffonderlo tra tutti, perché
venga il Regno di Dio.
Nella Chiesa, siamo tutti servitori e servitrici, secondo diverse vocazioni, carismi e ministeri. La
vocazione al dono di sé nell’amore, comune a tutti, si dispiega e si concretizza nella vita dei
cristiani laici e laiche, impegnati a costruire la famiglia come piccola chiesa domestica e a
rinnovare i vari ambienti della società con il lievito del Vangelo; nella testimonianza delle
consacrate e dei consacrati, donati tutti a Dio per i fratelli e le sorelle come profezia del Regno
di Dio; nei ministri ordinati (diaconi, presbiteri, vescovi) posti al servizio della Parola, della
preghiera e della comunione del popolo santo di Dio. Solo nella relazione con tutte le altre, ogni
specifica vocazione nella Chiesa viene alla luce pienamente con la propria verità e ricchezza. In
questo senso, la Chiesa è una sinfonia vocazionale, con tutte le vocazioni unite e distinte in
armonia e insieme “in uscita” per irradiare nel mondo la vita nuova del Regno di Dio.
Grazia e missione: dono e compito
Cari fratelli e sorelle, la vocazione è dono e compito, fonte di vita nuova e di vera gioia. Le
iniziative di preghiera e di animazione legate a questa Giornata possano rafforzare la sensibilità
vocazionale nelle nostre famiglie, nelle comunità parrocchiali e in quelle di vita consacrata, nelle
associazioni e nei movimenti ecclesiali. Lo Spirito del Signore risorto ci scuota dall’apatia e ci
doni simpatia ed empatia, per vivere ogni giorno rigenerati come figli di Dio Amore (cfr 1
Gv 4,16) ed essere a nostra volta generativi nell’amore: capaci di portare vita ovunque,
specialmente là dove ci sono esclusione e sfruttamento, indigenza e morte. Così che si
allarghino gli spazi dell’amore [4] e Dio regni sempre più in questo mondo.
Ci accompagni in questo cammino la preghiera composta da San Paolo VI per la I Giornata
Mondiale delle Vocazioni, 11 aprile 1964:
«O Gesù, divino Pastore delle anime, che hai chiamato gli Apostoli per farne pescatori di
uomini, attrai a te ancora anime ardenti e generose di giovani, per renderli tuoi seguaci e tuoi
ministri; falli partecipi della tua sete di universale Redenzione, […] dischiudi loro gli orizzonti del
mondo intero, […] affinché, rispondendo alla tua chiamata, prolunghino quaggiù la Tua
missione, edifichino il Tuo Corpo mistico, che è la Chiesa, e siano “sale della terra”, “luce del
mondo” (Mt 5,13)».
Vi accompagni e vi protegga la Vergine Maria. Con la mia benedizione.
Roma, San Giovanni in Laterano, 30 aprile 2023, IV Domenica di Pasqua.
______________________
[1] Documento finale della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2018), Giovani, fede e
discernimento vocazionale, n. 78.
[2] Manoscritto B, scritto durante il suo ultimo ritiro (settembre 1896): Opere complete, Roma 1997, 223.
[3] Cfr Messaggio per la 97a Giornata Missionaria Mondiale (6 gennaio 2023).
[4] «Dilatentur spatia caritatis»: Sant’Agostino, Sermo 69: PL 5, 440.441.
Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio
per la 60
a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni
Alle ore 11.30 di mercoledì 26 aprile, ha avuto luogo in diretta streaming dalla Sala Stampa della Santa
Sede, Sala San Pio X, Via dell’Ospedale 1, la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del
Santo Padre Francesco per la 60.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni dal tema
“Vocazione: grazia e missione”. Sono intervenuti: l’Em.mo Card. Lazzaro You Heung-sik, Prefetto del
Dicastero per il Clero; S.E. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira, Segretario del Dicastero per il Clero;
Mons. Simone Renna, Sotto-Segretario del Dicastero per il Clero; e il Rev.do Eamonn McLaughlin,
Officiale del medesimo Dicastero. Ne riportiamo di seguito gli interventi:
Intervento dell’Em.mo Card. Lazzaro You Heung-sik
Rivolgo un cordiale saluto a tutti voi e vi ringrazio per la presenza a questa conferenza stampa. Vorrei
anzitutto dirvi che in questo momento mi faccio portavoce del sentimento di tutti i miei collaboratori del
Dicastero per il Clero: insieme, in questo anno nel quale ricorre il 60° Anniversario della Giornata
Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, istituita da San Paolo VI nel 1964, abbiamo pensato che fosse
importante condividere il Messaggio del Santo Padre, che sarà pubblicato a breve. L’istituzione di questa
Giornata fu infatti una profetica intuizione del Papa, mentre era in pieno corso il Concilio Ecumenico
Vaticano II.
È questa un’opportunità per richiamare la gioia dell’incontro con Gesù, che libera dalla tristezza di una
vita chiusa nella prigione dell’individualismo, allarga gli orizzonti, riempie il cuore (cfr. Esort. ap. Evangelii
gaudium, nn. 1-2). La dolce e confortante gioia che deriva dall’incontro con il Signore è ciò che permette
a ciascuno di noi di scoprire la propria vocazione: Dio, infatti, ha un “sogno” che desidera realizzare per
noi e con noi, un progetto che ci consegna perché, accogliendolo e realizzandolo con tutta libertà,
possiamo trovare il significato autentico della nostra esistenza, la realizzazione della nostra umanità, ma
anche la missione attraverso cui contribuire alla costruzione di un mondo più fraterno, più giusto e più
solidale, anticipo e realizzazione del Regno di Dio.
Papa Francesco, nel Messaggio della 60
a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, sottolinea
con vigore questo “dinamismo dell’incontro” tra Dio e l’uomo, che è al cuore di ciò che intendiamo con la
parola “vocazione”. E ci esorta a riscoprire il primato di Dio, perché solo quando facciamo spazio a Lui e
alla sua chiamata, allora la nostra vita fiorisce e la nostra libertà si realizza nel bene e nella verità. Il
Santo Padre fa una scelta precisa: partire da Dio, dalla sua grazia, dalla sua paterna e premurosa
sollecitudine con la quale si muove verso di noi, per venirci a cercare e parlare a noi «come ad amici»
(Cost. dogm. Dei Verbum, 2). Solo dal dono gratuito e generoso dell’amicizia con cui il Signore ci viene
incontro nasce la possibilità di portare avanti una missione nella nostra vita, nella Chiesa, nella società e
nella storia. Dalla grazia di Dio, insomma, nasce la nostra missione qui sulla terra!
Grazia e missione sono, allora, i due poli e le due dimensioni costitutive di ogni vocazione e, perciò,
sono le due parole su cui Papa Francesco si sofferma nel Messaggio. Dio ci ha creati con amore e per
amore e, perciò, scoprendo la nostra propria vocazione – nella vita personale, nella Chiesa, nella società
– l’orizzonte in cui entrare per aprirci alla felicità dovrà essere quello dell’amore: una vita donata, una vita
spesa, una vita che rischia progetti di amore vincendo la tentazione del calcolo e dell’egoismo, e
lasciandosi sospingere dalla “fantasia di Dio che ci chiama”. Questa iniziativa di Dio attende da noi una
risposta e, quando non restiamo indifferenti, non soffochiamo la voce di Dio, non rifiutiamo il suo invito a
“volare alto”, allora la sua chiamata si concretizza in una missione, in una scelta di vita e in un impegno
che si realizza nelle cose di ogni giorno, nei luoghi che frequentiamo, nelle parole e negli atteggiamenti
che viviamo, in ogni situazione.
Non vi sarà sfuggito che, come già l’anno scorso, il Messaggio anche quest’anno mette l’accento sulla
vocazione al dono di sé, comune a tutti i cristiani: tutti sono chiamati a essere in prima linea, a fare la
propria parte perché la terra diventi la Casa comune in cui i singoli e i popoli vivono insieme come fratelli
e sorelle, sotto lo sguardo dell’unico Padre.
È questo, senza dubbio, il fulcro e il senso profondo anche dell’attuale percorso sinodale al quale ci ha
invitati Papa Francesco: camminare insieme, ma in uscita. E in questo ogni battezzato e ogni battezzata,
nessuno escluso, ha la sua parte attiva, al punto da poter dire di sé: «Io sono una missione su questa
terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 273).
Dalle parole che Papa Francesco ha scelto per questo Messaggio, allora, possiamo scoprire il cuore
stesso della buona notizia del Vangelo: ciascuno di noi ha un posto nel cuore di Dio, nessuno escluso;
ciascuno di noi è stato pensato, creato e chiamato con amore, da sempre; ciascuno di noi è amato dal
Padre ed è inviato nel mondo e nella Chiesa come segno di questo amore.
E questa liberante verità è un invito anche per la Chiesa! Infatti è anzitutto la Chiesa che deve portare al
mondo questa buona notizia. È la Chiesa che, con un volto lieto e con le braccia allargate, deve saper
dire a ogni donna e a ogni uomo: sei amato da Dio e il Signore ha un sogno anche per la tua vita! Perciò,
nella diversità e varietà dei suoi carismi, la Comunità cristiana è chiamata a diventare un luogo
accogliente e ospitale, che non esclude mai, che non ostacola la fantasia dello Spirito, ma che aiuta tutti
a scoprire la propria vocazione. Un compito che richiede l’impegno dei laici e dei pastori: facciamo in
modo che ogni persona, ciascuno con la propria sensibilità e col proprio percorso di vita, varcando la
soglia della Comunità cristiana vi possa trovare gli strumenti utili per la ricerca della propria felicità e per
scoprire il progetto di Dio: il silenzio, la preghiera, l’ascolto, il discernimento. Abbiamo bisogno, oggi più
che mai, di una Chiesa che accompagna, che tiene per mano, che si fa vicina al cammino di ogni
persona, accogliendo le sue domande e sostenendo i suoi passi.
E, così, come ci augura Papa Francesco, allargheremo ovunque gli spazi dell’amore.
Intervento di S.E. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira
«Vocazione: grazia e missione» è appunto il titolo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 60
a
Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni; esso evoca i due poli che fanno della vita cristiana un
dinamismo continuo, tanto nell’esistenza di ciascuno come nella comunità. Infatti, tutti siamo stati «scelti
prima della creazione del mondo», cioè il disegno di salvezza, che scaturisce del cuore di Dio, si realizza
per mezzo dello Spirito Santo, il quale comunica la grazia vivificante che arricchisce ogni comunità,
famiglia e persona, facendo di esse veri cristiani e vere cristiane. Un cristiano, una cristiana, non soltanto
annuncia la Buona Novella della Redenzione, ma anche, sulla testimonianza della propria coerenza di
vita, può dichiarare «Io sono una missione su questa terra» e allo stesso tempo riconoscersi
effettivamente come membro del Corpo di Cristo, la Chiesa, una cosa sola cioè con i fratelli e le sorelle
nella fede, i quali sono consapevoli di essere stati «Chiamati insieme: convocati». Due poli,
dunque: «Grazia e missione: dono e compito».
Vorrei accennare in particolare a due aspetti che sono alla base del Messaggio:
– Il riferimento esplicito che Papa Francesco fa al personale cammino di grazia e missione. Infatti, Egli
confida che lo Spirito “a volte addirittura irrompe in modo inaspettato. È stato così per me –continua il
Santo Padre- il 21 settembre 1953 quando, mentre andavo all’annuale festa dello studente, ho sentito la
spinta ad entrare in chiesa e a confessarmi. Quel giorno ha cambiato la mia vita e le ha dato un’impronta
che dura fino a oggi”. È chiaro che l’elezione del Signore non si è ridotta a quell’attimo “di grazia”, ma si
è scandita come “grazia dopo grazia”, durante tutta la vita del Santo Padre, “fino a oggi”.
– Il Messaggio dice relazione con l’interesse e la ferma volontà di Papa Francesco di promuovere la
sinodalità come modo di essere Chiesa. L’anno scorso ha compiuto la Visita ad limina apostolorum la
Conferenza del Brasile, che ha condiviso con Papa Francesco che quella Chiesa stava vivendo il suo
terzo anno vocazionale dal tema “Vocazione: grazia e missione”. Il Successore di Pietro ha inteso fare
proprio tale tema al quale ha ispirato il presente Messaggio, giacché Gli è sembrata un’iniziativa che
intende – come hanno scritto i Vescovi brasiliani – «incoraggiare ogni persona ad accettare la chiamata
di Gesù come grazia, in modo che più cuori brucino e che i loro piedi siano in cammino, in uscita
missionaria».
Intervento di Mons. Simone Renna
La recente Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” affida al Dicastero per il Clero il compito di
promuovere le vocazioni all’Ordine sacro, infatti leggiamo all’art. 114 §1: “Il Dicastero assiste i Vescovi
diocesani affinché nelle loro Chiese si provveda alla pastorale vocazionale al ministero ordinato…”.
Vorremmo, pertanto, offrire alcuni semplici suggerimenti per una migliore diffusione del Messaggio del
Santo Padre e, più in generale, riguardo la pastorale vocazionale a livello diocesano, parrocchiale e
familiare. Siamo a conoscenza di tante lodevoli iniziative già in atto e auspichiamo che questa attenzione
al tema delle vocazioni possa stimolare sempre più l’impegno delle nostre comunità.
Il Messaggio potrebbe innanzitutto essere valorizzato per una Veglia vocazionale di preghiera, nella
quale si manifesti la sinfonia delle diverse vocazioni, che devono essere tutte coltivate ricordando la loro
reciproca relazione e dipendenza.
Sarebbe opportuno dare rilievo al Messaggio durante le celebrazioni eucaristiche, facendo riferimento
alle parole del Santo Padre durante l’omelia e chiedendo al Signore il dono di numerose e sante
vocazioni durante la preghiera dei fedeli.
Si potrebbe trattare il tema della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sia nei gruppi di
catechismo dell’iniziazione cristiana, che nei gruppi giovanili, in quelli dei nubendi e delle famiglie come
anche nei seminari.
La diffusione, infine, potrebbe avvenire anche attraverso i siti internet e i canali social delle comunità
cristiane.
Per quanto concerne la promozione della pastorale vocazionale, cedo la parola al Rev. Eamonn
McLaughlin, coordinatore dell’Ufficio per i Seminari e la Formazione.
Intervento del Rev.do Eamonn McLaughlin
La Pastorale Vocazionale
Nell’opera evangelizzatrice della Chiesa una particolare rilevanza assume la nascita,
l’accompagnamento e il discernimento delle vocazioni, in particolare di quelle al diaconato e al
presbiterato. La comunità cristiana, dunque, avverte il bisogno di promuovere le vocazioni sacerdotali,
collaborando con la grazia di Dio per proseguire la propria missione.
Come scrive il Papa nel Suo Messaggio: siamo chiamati alla fede testimoniale. In tale compito, un
contributo assai rilevante viene dalle famiglie, le quali, come ricordava San Paolo VI, se animate da
spirito di fede, di carità e di pietà, costituiscono il primo seminario, come anche dalle comunità
parrocchiali. Una responsabilità particolare per la pastorale vocazionale compete a coloro che curano
l’educazione dei giovani, così da aiutarli, accompagnarli ed incoraggiarli a scoprire la chiamata divina a
seguire il Signore con fede, speranza e carità. Ai sacerdoti quindi, compete uno specifico sguardo
amorevole per la promozione delle vocazioni al sacerdozio. La testimonianza di presbiteri umili e gioiosi,
che conducono una vita santa e coerente, che sono innamorati del Maestro e che hanno l’odore delle
pecore, certamente può ispirare molti alla sequela Christi. I Vescovi, in qualità di primi responsabili dei
chiamati alla vita ministeriale, anche con la loro testimonianza di buoni pastori, favoriscono una
cooperazione tra sacerdoti, consacrati e laici (soprattutto i genitori e gli educatori) e anche con gruppi,
movimenti e associazioni laicali, all’interno di un appropriato piano pastorale.
In ogni parrocchia, sarebbe opportuno individuare una persona – sacerdote, religioso o laico – o un
gruppo dei fedeli, responsabile per la promozione della pastorale vocazionale, innamorato del Signore e
testimone della gioia della fede. Infine, è auspicabile che vengano istituiti e promossi nelle singole
Diocesi, Regioni e Paesi, i Centri per le Vocazioni, chiamati a promuovere e a tenere desta la necessità
della pastorale vocazionale. Tutti noi battezzati, siamo, non solo collaboratori, ma corresponsabili, di tale
specifica iniziativa della Chiesa. Che si alzi dunque al Cielo la preghiera di tutti noi, affinché nascono e
crescano le vocazioni, conformi al Cuore di Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote.