Pubblichiamo il testo dell’Introduzione del Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della CEI, ai lavori della sessione primaverile del Consiglio Episcopale Permanente, che si svolge a Roma dal 22 al 24 marzo 2021.
Cari Confratelli,
questa sessione del Consiglio Permanente si svolge nei giorni che ci conducono alla celebrazione della Domenica della Passione del Signore: giornate, dunque, in cui siamo particolarmente chiamati alla preghiera, all’approfondimento della fede, alla conversione e al rinnovamento del cuore e della vita.
Chiediamo al Signore di trascorrere in stretta unione con Lui questo tempo di lavoro, di riflessione e di reciproca comunione, lasciandoci guidare in tutto dal suo Santo Spirito per adempiere con fedeltà e con frutto il nostro comune servizio al Popolo di Dio che è in Italia.
L’immagine di Abramo, che guarda le stelle e, al contempo, compie passi concreti dalla sua terra di origine verso la scoperta del volto dell’altro, si adatta bene a quanto discuteremo in questi giorni e a quanto ci aspetta a breve. Il Popolo di Dio ci chiede anzitutto una parola “alta”, che sappia indicare il cielo, che non si ripieghi sulle logiche personalistiche o campanilistiche. Ci viene chiesta una visione prospettica a lungo termine, che mostri la bellezza delle grandi imprese. Dobbiamo quindi restare con i piedi per terra e programmare con realismo il cammino da intraprendere. È stata questa l’esperienza che ha fatto anche Abramo: mentre guardava le stelle, sapeva camminare al ritmo della sua famiglia lungo i percorsi indicati dal Signore.
In questo ci offre un importante stimolo l’Anno della Famiglia Amoris Laetitia, aperto il 19 marzo, solennità di san Giuseppe. Un Anno speciale per crescere nell’amore familiare e riportare la famiglia al centro dell’attenzione della Chiesa e della società. D’altronde, «il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa» (AL 31). Lo stiamo sperimentando, in modo emblematico, nelle sofferenze generate dalla pandemia. Quante comunità domestiche, intessute di amore sincero e generoso, continuano a essere fonte di gioia pur nelle prove e nelle difficoltà! Sono la bellezza e la gratuità dell’amore che riescono ad abbattere le barriere e a liberare il cuore oltre gli ostacoli del momento presente.
Con questo stesso spirito, membri dell’unica famiglia umana, abbiamo ricordato nei giorni scorsi la triste ricorrenza dei dieci anni di guerra in Siria. «La guerra non risolve mai i conflitti; al contrario, essa genera una catena di ulteriori violenze e morte», è l’amara constatazione condivisa con i nostri Confratelli del Mediterraneo durante l’Incontro di Bari (19-23 febbraio 2020). Rinnoviamo oggi il nostro appello perché cessi il conflitto: non si aggiunga alla disperazione della guerra quella dovuta alla pandemia. Alla Chiesa siriana assicuriamo la nostra vicinanza e solidarietà. Auspico che il progetto di un’ulteriore tappa nel cammino di condivisione tra le Chiese e i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo possa tenersi a breve, seguendo la visione profetica dei “Dialoghi mediterranei” di Giorgio La Pira.
Se oggi possiamo scorgere un barlume di luce alla fine del tunnel lo dobbiamo alle possibilità offerte dai vaccini, consapevoli che la vaccinazione, così come è avvenuto per altre malattie nel passato, è la via che consentirà di superare la situazione attuale. Guardiamo quindi con fiducia alla campagna vaccinale, condotta con prudenza e serietà. Attraverso l’eventualità inserita nel piano vaccinale di utilizzare strutture edilizie delle Chiese che sono in Italia, abbiamo modo di poter fornire un nuovo contributo di carità. La messa a disposizione di questi luoghi, che non sono quelli liturgici, s’inserisce in continuità con un cammino già avviato in tal senso presso numerose Diocesi che, in spazi idonei, ospitano medici, infermieri, Protezione civile, persone in quarantena, ammalati, poveri e quanti soffrono a causa del Covid.
Inoltre, come ha ricordato Papa Francesco, evitiamo che la disponibilità dei vaccini e la capacità di somministrarli creino ulteriori divisioni e disuguaglianze nel mondo. Abbiamo il dovere di pensare e garantire soluzioni accessibili anche a chi vive in Paesi meno fortunati.
La crisi economica, conseguente alla crisi sanitaria, ha messo in ginocchio molti piccoli imprenditori e altrettante famiglie, rivelandosi terreno fertile per l’espandersi dei tentacoli dell’usura, della criminalità, delle mafie. La crepa in cui s’insinua il grimaldello dell’illegalità è la povertà, e gli elementi che giungono dai nostri osservatori – Caritas e Consulta nazionale antiusura, nello specifico – non lasciano margini di dubbio sulla temibile frattura che ci troviamo di fronte.
I dati forniti da una rilevazione nazionale condotta da Caritas italiana (chiusa a febbraio 2021) testimoniano numeri davvero impressionanti relativi all’intero anno 2020: nel corso di dodici mesi sono state quasi due milioni le persone supportate, in varie modalità, dai servizi promossi dalle Caritas diocesane e parrocchiali.
Per questo la Consulta nazionale antiusura esorta ad evitare che, in questa situazione, le mafie si presentino come benefattori tramite un’economia parallela e l’uso del cosiddetto “welfare criminale”, che la malavita è in grado di offrire ai soggetti più fragili. A fronte di famiglie senza reddito e d’imprese con grande fame di liquidità è vitale intervenire tempestivamente con finanziamenti che non gravino sul debito preesistente e aiutino non solo la ripresa ma, prima di tutto, a vivere dignitosamente. In questo scenario condividiamo la preoccupazione per il declino demografico del nostro Paese: occorre creare un quadro economico, sociale e culturale favorevole al rilancio e al sostegno delle famiglie e dei progetti dei giovani.
In una situazione oggettivamente inedita e complicata, ci è chiesto di continuare a coltivare un rapporto educativo capace di relazione, prossimità, ascolto, attenzione, supporto, fiducia. È un atto di responsabilità nei confronti delle nuove generazioni; è un atto cruciale di speranza.
Come non vedere in questa immagine di parrocchia il preludio a quel cammino sinodale cui ci ha sollecitati Papa Francesco lo scorso 30 gennaio durante l’incontro promosso dall’Ufficio Catechistico nazionale? «La Chiesa italiana – ha detto il Santo Padre – deve tornare al Convengo di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare». La nostra riflessione sul cammino sinodale si fonda sul «nuovo umanesimo in Cristo Gesù», tratteggiato al Convegno di Firenze, e sulla realtà attuale, che parla di sofferenza, smarrimento, rabbia e angoscia per il futuro. Il processo sinodale diventa, dunque, opportunità per essere insieme, fare insieme e camminare insieme con il Risorto. Quali sono le attese delle persone per il futuro? Quali sono le nostre attese, le attese delle nostre Chiese, del Santo Popolo di Dio? Sono le domande che ci devono guidare per non mancare un altro passaggio, forse decisivo, con la storia. Ecco, allora, alcuni spunti sulla sinodalità che possono sostenere il nostro confronto. Innanzitutto, essere insieme, inteso come fare comunità, essere in comunione, avere lo stesso modo di vedere o di sentire, «avere gli stessi sentimenti gli uni verso gli altri» (cf. Rm 12, 16) oppure, ancora meglio, «fare di tutto per essere una sola cosa» (cf. Gv 17, 21). Si tratta di mantenere l’unità nella diversità o di «conservare l’unità dello spirito nel vincolo della pace» (Ef 4, 3). È anche “prendere decisioni insieme” in modo condiviso, assembleare. C’è poi il fare insieme, inteso come capacità di fare comunione, di produrre qualcosa di comune, di avere in comune lo stesso progetto. La sinodalità non è solo fraternità, ma anche sinergia, organicità e, soprattutto, corresponsabilità; non è solo comunione interiore, ma anche esteriore. Questo è il “carisma della sintesi”, del camminare insieme, del synodòs appunto. Solo così tutto l’insieme funziona bene per l’edificazione della comunità. Infine, c’è il camminare insieme con il Risorto. È l’aspetto più profondo della sinodalità, che risponde alla domanda: insieme con chi? Senz’altro insieme gli uni con gli altri, ma prima di tutto con il Signore Risorto. È Lui che, per primo, cammina con noi (cf. Lc 24, 15) e noi camminiamo sempre, a volte senza accorgercene, insieme con Lui (cf. Lc 24, 16). È qui il segreto della sinodalità: l’intreccio tra basso e alto, centro e periferia. Il futuro delle nostre Chiese passa da questo movimento continuo e dinamico. Nel suo dipanarsi diventa esso stesso comunità che annuncia, celebra e tesse la rete della fraternità.
Cari Confratelli, proseguiamo il nostro itinerario quaresimale avendo davanti a noi la luce della risurrezione del nostro unico Salvatore e affidiamo queste giornate all’intercessione della Vergine Maria, del suo sposo Giuseppe e dei Santi e delle Sante venerati nelle nostre Chiese.
22 Marzo 2021