VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN PORTOGALLO
IN OCCASIONE DELLA XXXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

37a GMG LISBONA (2-6 AGOSTO 2023)

Venerdì 4 agosto 2023

Confessione di alcuni giovani della GMG

Giardino “Vasco da Gama” (Lisbona) ore 9

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI ALCUNI CENTRI DI ASSISTENZA E DI CARITÀ

Centro Paroquial de Serafina” (Lisbona) ore 9:45

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Ringrazio il Parroco per le sue parole e saluto tutti voi, in particolare gli amici del Centro Paroquial da Serafina, della Casa Famiglia Ajuda de Berço e dell’Associazione Acreditar.  E ringrazio per le vostre parole che hanno illustrato il lavoro che si fa, grazie! È bello essere qui insieme nel contesto della Giornata Mondiale della Gioventù, mentre guardiamo alla Vergine che si alza per andare ad aiutare. La carità, infatti, è l’origine e la meta del cammino cristiano, e la vostra presenza, realtà concreta di “amore in azione”, ci aiuta a non dimenticare la rotta, il senso di quello che stiamo facendo sempre. Grazie per le vostre testimonianze, delle quali vorrei sottolineare tre aspetti: fare il bene insiemeagire concretamente e stare vicini ai più fragili. Ossia, fare il bene insieme, agire concretamente, non solo con idee, bensì concretamente, stare vicino ai più fragili.

Primo: fare il bene insieme. “Insieme” è la parola chiave, che è stata ripetuta tante volte negli interventi. Vivere, aiutare e amare insieme: giovani e adulti, sani e malati, insieme. João ci ha detto una cosa molto importante: che non bisogna lasciarsi “definire” dalla malattia, ma farne parte viva del contributo che diamo all’insieme della comunità. È vero: non dobbiamo lasciarci “definire” dalla malattia o dai problemi, perché noi non siamo una malattia, non siamo un problema: ciascuno di noi è un regalo, è un dono, un dono unico, con i suoi limiti, ma un dono, un dono prezioso e sacro per Dio, per la comunità cristiana e per la comunità umana. Allora, così come siamo, arricchiamo l’insieme e lasciamoci arricchire dall’insieme!

Secondo: agire concretamente. Anche questo è importante. Come ci ha ricordato don Francisco, citando San Giovanni XXIII, la Chiesa non è un museo di archeologia. Alcuni la pensano così, ma non lo è. È l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi come a quelle future (cfr Omelia nella Liturgia in Rito Bizantino-Slavo in onore di S. Giovanni Crisostomo, 13 novembre 1960). La fontana serve per placare la sete delle persone che arrivano, con il peso del viaggio o della vita e sono concretezza. Concretezza, dunque, attenzione al “qui e ora”, come già fate, con cura dei particolari e senso pratico, belle virtù tipiche del popolo portoghese.

Quando non si perde tempo a lamentarsi della realtà, ma ci si preoccupa di andare incontro ai bisogni concreti, con gioia e fiducia nella Provvidenza, accadono cose meravigliose. Lo testimonia la vostra storia: dall’incontro con lo sguardo di un anziano sulla strada nasce un centro di carità “a tutto tondo”, come quello in cui ci troviamo; da una sfida morale e sociale, la “campagna per la vita”, nasce un’associazione che aiuta mamme e famiglie in attesa, bambini, ragazzi e giovani in difficoltà, perché, come ci ha raccontato Sandra, trovino un progetto di vita sicuro; dall’esperienza della malattia nasce una comunità di sostegno a chi affronta la battaglia contro il cancro, specialmente ai bambini, affinché, come ci ha detto João, «l’evoluzione della cura e la migliore qualità della vita diventino per loro una realtà». Grazie per quello che fate! Continuate con mitezza e gentilezza a lasciarvi interrogare dalla realtà, con le sue povertà antiche e nuove, e a rispondere in modo concreto, con creatività e coraggio.

Il terzo aspetto: stare vicini ai più fragili. Tutti siamo fragili e bisognosi, ma lo sguardo di compassione del Vangelo ci porta a vedere le necessità di chi ha più bisogno. E a servire i poveri, i prediletti di Dio che si è fatto povero per noi (cfr 2 Cor 8,9): gli esclusi, gli emarginati, gli scartati, i piccoli, gli indifesi. Sono loro il tesoro della Chiesa, sono i preferiti di Dio! E, tra di loro, ricordiamoci di non fare differenze. Per un cristiano, infatti, non ci sono preferenze di fronte a chi bussa bisognoso alla porta: connazionali o stranieri, appartenenti a un gruppo o ad un altro, giovani o anziani, simpatici o antipatici…

E, a proposito di carità, vorrei ora raccontarvi una storia, specialmente a voi bambini, che forse non la conoscete. È la storia, veramente accaduta, di un giovane portoghese vissuto molto tempo fa. Si chiamava Giovanni Ciudad e abitava a Montemor-o-Novo. Sognava una vita avventurosa e così, da ragazzo, partì da casa in cerca della felicità. La trovò dopo tanti anni e molte avventure, quando incontrò Gesù. E fu così felice della scoperta che decise di cambiare perfino il nome e di chiamarsi, da allora in poi, non più Giovanni Ciudad, ma Giovanni di Dio. E fece una cosa ardita: andò in città e si mise a chiedere l’elemosina per strada, dicendo alla gente: «Fate del bene, fratelli, a voi stessi!». Capite? Chiedeva la carità, ma diceva a quelli che gliela facevano che, aiutando lui, in realtà aiutavano prima di tutto sé stessi! Spiegava, cioè, che i gesti d’amore sono un dono anzitutto per chi li fa, prima ancora che per chi li riceve; perché tutto quello che si accaparra per sé andrà perso, mentre quello che si dona per amore non andrà mai sprecato, ma sarà il nostro tesoro in cielo.

Per questo diceva: «Fate del bene, fratelli, a voi stessi!». Ma l’amore non rende felici solo in cielo, bensì già qui in terra, perché dilata il cuore e permette di abbracciare il senso della vita. Se vogliamo essere davvero felici, impariamo a trasformare tutto in amore, offrendo agli altri il nostro lavoro e il nostro tempo, dicendo parole e compiendo gesti buoni, anche con un sorriso, con un abbraccio, con l’ascolto, con lo sguardo. Cari ragazzi, fratelli e sorelle, viviamo così! Tutti possiamo farlo e tutti ne abbiamo bisogno, qui e ovunque nel mondo.

Sapete poi cosa successe a Giovanni? Che non lo capirono! Pensavano che fosse matto e lo chiusero in un manicomio. Ma lui non si demoralizzò, perché l’amore non si arrende, perché chi segue Gesù non perde la pace e non si piange addosso. E proprio lì, in manicomio, portando la croce, arrivò l’ispirazione di Dio. Giovanni si rese conto di quanto i malati avessero bisogno di aiuto e, quando finalmente lo lasciarono uscire, dopo alcuni mesi, cominciò a prendersi cura di loro con altri compagni, fondando un ordine religioso: i Fratelli Ospedalieri. Alcuni, però, cominciarono a chiamarli in un altro modo, proprio con le parole di quel giovane che diceva a tutti: “Fate-del-bene-fratelli”! A Roma noi li chiamiamo così: i “Fatebenefratelli”. Che bel nome, che insegnamento importante! Aiutare gli altri è un dono per sé e fa bene a tutti. Sì, amare è un dono per tutti! Ricordiamoci: “o amor é um presente para todos!”. Ripetiamolo insieme: o amor é um presente para todos!

Amiamoci così! Continuate a fare della vita un regalo d’amore e di gioia. Io vi ringrazio e vi raccomando, tutti quanti ma specialmente i bambini, andate avanti a pregare per me. Obrigado!

* * * 

Parole a braccio

Sono molte le cose che vorrei dirvi ora, ma succede che non mi stanno funzionando “i riflettori” e non posso leggere bene. Perciò ve lo consegno, perché lo rendiate pubblico poi. Non si può forzare la vista e leggere male.

Voglio solo soffermarmi su qualcosa che non è scritto, ma che sta nello spirito dell’incontro: la concretezza. Non esiste amore astratto, non esiste. L’amore platonico sta in orbita, non sta nella realtà. L’amore concreto, quello che si sporca le mani. Ognuno di noi può chiedere: l’amore che io sento per tutti quelli che stanno qui, quello che sento per gli altri, è concreto o astratto? Quando io do la mano a una persona bisognosa, a un malato, a un emarginato, dopo aver dato la mano, faccio subito così [strofina la mano sulla veste] per non contagiarmi? Mi disgusta la povertà, la povertà degli altri? Cerco sempre la vita “distillata”, quella che esiste nella mia fantasia, ma non esiste nella realtà? Quante vite distillate, inutili, che passano senza lasciare un’impronta, perché quelle vite non hanno peso!

E qui abbiamo una realtà che lascia un’impronta, una realtà di tanti anni, tanti anni, che sta lasciando un’impronta che è d’ispirazione per gli altri. Non potrebbe esistere una Giornata Mondiale della Gioventù senza tener conto di questa realtà. Perché anche questo è gioventù, nel senso che voi generate vita nuova continuamente. Con la vostra condotta, con il vostro impegno, con il vostro sporcarvi le mani per toccare la realtà della miseria degli altri, state generando ispirazione, state generando vita. Grazie per questo! Vi ringrazio con tutto il cuore. Andate avanti e non vi scoraggiate! E se vi scoraggiate, prendete un bicchiere d’acqua e andate avanti!

Via Crucis con i giovani

Parque Eduardo VII” (Lisbona) ore 18

Cari fratelli e sorelle, buona sera!

Oggi camminerete con Gesù. Gesù è la Via e noi cammineremo con Lui, perché Lui cammina. Quando era tra noi, Gesù ha camminato, ha camminato curando i malati, assistendo i poveri, facendo giustizia… ha camminato predicando, insegnandoci. Gesù cammina, ma il cammino che più è inciso nel nostro cuore è il cammino del Calvario, la via della Croce. E oggi voi, noi, io pure, con la preghiera rinnoveremo la via della Croce. E guarderemo Gesù che passa e cammineremo con Lui. Il cammino di Gesù è Dio che esce da sé stesso, esce da sé stesso per camminare tra noi. Quello che ascoltiamo tante volte nella Messa: “E il Verbo si fece carne e camminò tra noi”. Ricordate? E il Verbo si fece uomo e camminò tra noi. E questo lo fa per amore. Lo fa per amore. E la Croce che accompagna ogni Giornata Mondiale della Gioventù è l’icona, è la figura di questo cammino. La Croce è il senso più grande dell’amore più grande, l’amore con il quale Gesù vuole abbracciare la nostra vita. La nostra? Sì, la tua, la tua, la tua, quella di ciascuno di noi. Gesù cammina per me. Dobbiamo dirlo tutti. Gesù intraprende questo cammino per me, per dare la sua vita per me. E nessuno ha più amore di chi dà la vita per i suoi amici, di colui che dà la vita per gli altri. Non dimenticate questo: nessuno ha più amore di chi dà la vita, e questo lo ha insegnato Gesù. Per questo, quando guardiamo il Crocifisso, che è tanto doloroso, una cosa così dura, vediamo la bellezza dell’amore che dà la sua vita per ciascuno di noi.

Diceva una persona molto credente una frase che mi ha colpito molto. Diceva così: “Signore, per la tua ineffabile agonia posso credere nell’amore”. Signore, per la tua ineffabile agonia posso credere nell’amore. E Gesù cammina, ma aspetta qualcosa, aspetta la nostra compagnia, aspetta che guardiamo… Non so, aspetta di aprire le finestre della mia anima, della tua anima, dell’anima di ciascuno di noi. Come sono brutte le anime chiuse, che seminano dentro e sorridono dentro! Non ha senso. Gesù cammina e aspetta con il suo amore, aspetta con la sua tenerezza, per darci consolazione, per asciugare le nostre lacrime.

Ora vi faccio una domanda, però non rispondete a voce alta: ciascuno risponda dentro di sé. Io piango, qualche volta? Ci sono cose nella vita che mi fanno piangere? Tutti nella vita abbiamo pianto, e piangiamo ancora. E lì c’è Gesù con noi, Lui piange con noi, perché ci accompagna nell’oscurità che ci porta al pianto.

Facciamo un po’ di silenzio, e ciascuno dica a Gesù per che cosa piange nella vita; ciascuno di noi lo dica a se stesso, adesso, in silenzio.

[momento di silenzio]

Gesù, con la sua tenerezza, asciuga le nostre lacrime nascoste. Gesù vuole riempire, con la sua vicinanza, la nostra solitudine. Come sono tristi i momenti di solitudine! E Lui è lì, Lui vuole colmare questa solitudine. Gesù vuole colmare la nostra paura, la tua paura, la mia paura, quelle paure oscure vuole colmarle con la sua consolazione; e aspetta di spingerci ad abbracciare il rischio di amare. Perché, voi lo sapete, lo sapete meglio di me: amare è rischioso. Bisogna correre il rischio di amare. È un rischio, ma vale la pena correrlo, e Lui di accompagna in questo. Sempre ci accompagna, sempre cammina, sempre, durante la vita, è vicino a noi.

Non vorrei dire tante cose in più. Oggi faremo il cammino con Lui, il cammino della sua sofferenza, il cammino delle nostre ansie, il cammino delle nostre solitudini.

Adesso facciamo un secondo di silenzio e ciascuno di noi pensi alla propria sofferenza, pensi alla propria ansia, pensi alle proprie miserie. Non abbiate paura, pensateci, e pensate anche al desiderio che l’anima torni a sorridere.

[momento di silenzio]

E Gesù cammina con la Croce, muore sulla Croce, perché la nostra anima possa sorridere. Amen.