raccontano le fatiche, e le gioie, dei cambiamenti

“Alcune donne delle nostre, ci hanno sconvolto” (Lc 24,22): è questo il tema scelto per gli incontri, nei giovedì di luglio, che si tengono al Santuario di Santa Maria Apparente, dove risiede anche il nostro vice parroco, don Mario Moriconi. Gli appuntamenti rientrano nel progetto “Spazi di fraternità”, nato due anni fa e “figlio” delle esperienze e della spiritualità di Charles de Foucauld, che raccoglie persone provenienti da luoghi, diocesi e percorsi diversi, di tutte le età. L’edizione 2024 degli eventi estivi si chiama, appunto, “Cena con narrazione” e si caratterizza per la scelta di una conversazione multipla di cui sono protagoniste alcune donne straordinariamente “normali”, che hanno deciso di raccontarsi, vivendo fino in fondo la loro dimensione unica e peculiare di essere “generative” perché, come è stato detto all’inizio della serata, “generare, in qualche modo, significa perpetuare una relazione, una reciprocità che si dona e si rinnova nel tempo. Di generazione in generazione”. A questo primo appuntamento c’erano circa una cinquantina di partecipanti, di cui molti al primo incontro: a fare gli onori di casa anche il parroco, don Emilio Rocchi, insieme ad Amedeo Angelozzi, consacrato e animatore di questo ciclo di incontri.

Nel vangelo di Luca le donne “sconvolgenti” sono le prime a ricevere la rivelazione della Resurrezione e a credere, a differenza degli apostoli, spaventati e incapaci di “vedere”. Luca non le lascia cadere nell’oblio e nell’anonimato ma le consegna alla storia con i loro nomi: erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Nella serata al Santuario avevamo: Giulia Liberati, medico specializzata in dermatologia, Polisena Maoloni, impegnata nell’associazionismo ecclesiale e Sonia Bali, mediatrice culturale indiana, insegnante di yoga e rappresentante per le Marche dell’Induismo. Più diverse non potevano essere ma unite dall’esperienza comune di aver vissuto profondi e radicali cambiamenti esistenziali, affrontati con difficoltà, coraggio e consapevolezza: per Sonia si è trattato di trasferirsi dall’India in Italia a 20 anni, in un paesino dell’ascolano, con in tasca uno striminzito vocabolario pressoché inutile; per Giulia è stato affrontare il trasferimento da Grottazzolina a Varese per un contratto a tempo indeterminato con in mano la valigia e le lacrime agli occhi; per Polisena infine, è stata la scelta, al momento si sposarsi, di lasciare Stella di Monsampolo per acquistare un rustico a Pagliare del Tronto con in testa un unico progetto di vita, avere una “casa aperta”. È stato tutto facile? Per niente: la vita per Sonia era dura a Venagrande, la difficoltà linguistica un muro invalicabile tanto che il marito a un certo punto le ha detto che “forse tu non ce la fai con la lingua italiana”; Giulia ha sperimentato la solitudine e la fortissima nostalgia di casa; Polisena, pur avendo una vita ricca di impegni e di persone vicine, ha dovuto rallentare quando sono nati i bambini, rivedendo la propria scala di priorità. Tutte hanno dovuto accettare i cambiamenti e hanno imparato a utilizzarli come opportunità: dalle signore del vicinato di Sonia, che le hanno insegnato la cucina italiana, comprese le olive all’ascolana, ai colleghi di Giulia, “persone splendide che mi hanno affiancato e aiutato”, agli amici di Polisena, che “non ci hanno mai fatto sentire soli e ci hanno aiutato a crescere i nostri figli”. E poi la vita ha regalato alle tre donne anche quello che non si aspettavano: per Sonia è stata l’esperienza fondamentale delle maternità, con la nascita di due figlie; per Giulia, l’opportunità, dopo un anno a Varese di avvicinarsi a casa; per Polisena la capacità di guardare la realtà con occhi diversi e di superare i propri limiti grazie al marito. Fondamentale è stata anche la dimensione spirituale delle loro vite, che le ha guidate e sostenute sempre: “io apro la giornata con la preghiera – ha raccontato Sonia – ma non ci sono più richieste a Dio, solo ringraziamenti”; Giulia ha sottolineato che “la fede e la capacità di pregare mi hanno sostenuto e mi aiutano in quello che faccio ogni giorno”; Polisena, nella sua radicale esperienza di vita all’interno dell’Azione cattolica, ha imparato a condividere tutto quello che faceva, dai campi lavoro in Albania all’andare per strada con le suore oblate, in parrocchia e con il suo gruppo, perché “per me, l’importante era poter dare”. In questi percorsi alcune persone sono state fari luminosi e occasione di svolte esistenziali: per Polisena, a 14 anni, l’incontro con un educatore, un seminarista con la chitarra molto coinvolgente che l’ha invitata a far parte di un gruppo di Azione cattolica che si stava costituendo nella sua parrocchia; per Sonia le due figlie, che adesso hanno 25 e 28 anni, perché “sono cresciuta insieme a loro: dovevo essere forte per loro, volevo essere un esempio; grazie a loro ho trovato anche tante amicizie e adesso mi aiutano e mi spingono a fare le cose, compreso il concorso da miss Mamma, che ho anche vinto!”; per Giulia è suo fratello, perché “mi aiuta e mi ha aiutato, soprattutto dopo che tra la laurea e i primi esami della specializzazione ho perso mia mamma”. E adesso se si guardano indietro, cosa vedono? Giulia non ha dubbi “mi sento al posto giusto, sono contenta di ciò che sono e di ciò che faccio e dai miei pazienti ho imparato a godere di ciò che ciascuno di noi ha”; per Polisena l’importante è stare nel posto in cui si è come “presenza viva: dove sono voglio dare il meglio di me”; Sonia è convinta di “aver fatte le scelte giuste, non ho sbagliato nulla. Da piccola volevo fare il medico per aiutare gli altri e questo sogno è rimasto chiuso nel cassetto: poi sono diventata insegnante di yoga e mediatrice culturale quindi se vedo qualcuno che non è sereno lo aiuto con esercizi di meditazione e in questura vedo persone che hanno bisogno di aiuto e di supporto psicologico. Alla fine faccio proprio quello che volevo”. Per Sonia il confronto culturale e religioso è stato infinitamente arricchente: attraverso le figlie è riuscita ad andare in una scuola di Ascoli Piceno a parlare di induismo e ha fatto frequentare loro le ore di religione a scuola, perché “era giusto che conoscessero anche la religione che c’è in Italia per avere, da grandi, la possibilità di scegliere. Un anno avevo addobbato casa per una festa induista e la mia vicina di casa mi ha chiesto cosa stavo facendo; quando è tornata a casa ha acceso anche lei le candele. Quando tu sei una persona aperta anche gli altri lo sono con te, bisogno incontrare ma anche lasciarsi incontrare dalle persone”. La serata si è conclusa magnificamente in un mix di commozione e gioia con lo scambio di alcuni doni tra le tre protagoniste: Polisena ha portato un mattoncino confezionato con una preghiera di don Tonino Bello, Giulia ha donato delle bellissime piantine e Sonia dei braccialetti e del kajal nero, che nella cultura induista è il colore che indica protezione, per proteggere l’amicizia tra loro tre appena nata. L’atto finale è stato un momento di preghiera condiviso: Giulia ha letto un pensiero di Gandhi, Sonia ha recitato un mantra per la pace nel mondo in lingua sanscrita e Polisena ha letto, a sua volta, una frase di una canzone di Niccolò Fabi che invita, “giorno dopo giorno” a “silenziosamente costruire”.

Prossimo appuntamento giovedì 11 luglio: tre voci femminili, quella di Barbara Rossi, neuro-psichiatra, di Francesca Russo della Fraternità Tenda del Magnificat e di Marzia Rogante, psicoterapeuta, si intrecceranno sul tema dell’ascolto.

Simona Mengascini