Si sono conclusi nel modo più giusto possibile gli incontri dei giovedì di luglio al Santuario, dove, all’interno del progetto“Spazi di fraternità”, ogni settimana si svolgeva una “Cena con narrazione” di cui sono state protagoniste alcune straordinarie figure femminili, seguendo l’ispirazione e la suggestione del versetto evangelico “Alcune donne delle nostre, ci hanno sconvolto” (Lc 24,22). Il 25 luglio, sul tema del “plasmare” si sono incontrate, piaciute e scambiate doni Annamaria Cacciamani, docente di storia e filosofia, consacrata dell’Ordo Virginum, impegnata nel mondo giovanile attraverso l’Azione Cattolica, appassionata di Africa, Togo in particolare, dove si reca ogni anno e Anna-Maria Bozzi, con il trattino in mezzo al nome che unisce, una ceramista super orgogliosa della propria professione e delle proprie mani, impegnata nella bottega artigianale della propria famiglia, una cresciuta nel rassicurante ambiente di bottega-casa-chiesa e particolarmente sensibile ai temi della difesa della Terra.
È stato un incontro di anime, di parole e di gesti antichi, quanto mai affascinanti: a troneggiare, al centro del cortile deve si teneva l’evento, è stato un tornio elettrico grazie al quale, nel corso della serata sono stati creati degli oggetti ancora grezzi ma pieni di grazia, amore e gusto del dono generoso. Come ha detto papa Ratzinger, di cui è stata letta una frase a inizio serata, “il cammino di Dio è spesso un immane percorso di rimodellamento e riplasmazione della nostra esistenza da cui usciamo trasformati e pronti a incamminarci nella giusta direzione”. E allora cosa ha “plasmato” la vita di queste donne? Per Annamaria una data, il 6 gennaio 2015, che ha diviso la sua vita in un prima e un dopo. In quel giorno aveva un appuntamento con il vescovo della sua diocesi, “dopo un tempo non facile della mia vita”, in cui era stata messa alla prova da una relazione un po’ complessa con una ragazza che seguiva. Lei era consacrata dal 2012 e già frequentava il Togo da alcuni anni. Il pastore non le ha fatto sconti: “Scusa Annamaria, perché invece di giocare a fare la missionaria non provi a fare la missionaria davvero?” Di fronte a una domanda del genere lei si è sentita “amareggiata, non capita”: la prospettiva era quella di “lasciare il terreno sicuro della mia vita” per fare un’esperienza di “esodo”. L’invito non è caduto nel vuoto, comunque, e Annamaria è andata in Africa per sei mesi: un luogo dove “sono stata provata nell’esperienza del deserto”. Allo stesso tempo è stato un periodo di rinascita e “rimodellamento” perché “mi sono liberata dall’idea che se avessi lasciato cose, persone e situazioni le avrei perse. Ciò che è radicato nel tuo cuore rimane con te… Un’altra cosa che ho imparato è che tutti facciamo i conti con la malattia, il dolore, la sofferenza e la morte: in Africa le persone ci fanno i conti tutti i giorni ma rimangono profondamente attaccate alla vita”. Per Anna-Maria, che riconosce su di sé “l’impronta” profonda del padre e della madre, ci sono stati tre momenti chiave della sua esistenza che hanno ridisegnato e dato forma al suo futuro. “Ho passato un periodo di noia e depressione. Dopo la scuola d’arte non sapevo che fare e ho iniziato l’università: a salvarmi sono state l’argilla e la manipolazione. Ho capito che la bottega era la mia vocazione, ma non mi bastava fare solo la vasaia”. La seconda svolta è stato un camposcuola ad Assisi con i francescani: “Sono andata solo per fare contenta un’amica che poi non è potuta venire. Lì ho incontrato Dio da un punto di vista di figliolanza… Ho pianto, mi sono vergognata di tante mie debolezze e ho scoperto la fede”. Infine “sono stata plasmata dalle relazioni sociali”. Dopo aver scritto un libro sulla storia della sua famiglia un gruppo di ceramiste romane è salito fino a Montottone, tra cui, guarda caso, Anna e Maria, per conoscere lei e la realtà della sua bottega: “Sono passati vent’anni – ricorda Anna-Maria – e le amicizie di allora ancora me le porto: sono aperta, adesso, e voglio le relazioni. Non voglio smettere di plasmarmi, la conoscenza degli altri è importante per crescere”. Negli anni, nella ceramista, è maturata anche una coscienza ambientale che l’ha portata a iscriversi e frequentare varie associazioni “green” finché il papa non ha scritto la “Laudato si”, e lei, anche come cristiana, si è sentita confortata nelle sue scelte comprendendo che il suo impegno aveva il senso di “tutelare un dono di Dio”. Anna-Maria ha sottolineato che “mio padre cavava a mano l’argilla: oggi arriva incellophanata e non ci posso fare niente. Cerco comunque di evitare la plastica e abbiamo comprato un forno elettrico per evitare i combustibili fossili”.
Nella seconda parte della serata rispondendo ad alcune domande, Annamaria ha parlato del suo rapporto con i ragazzi, che incontra a scuola e in Azione cattolica: “I giovani ti fanno sentire inadeguata e ti provocano. Quello che cerco di fare è stare con loro: quando entro in una classe comincio sempre chiedendo ai ragazzi come stanno e cosa è successo. Per me è importante che scoprano sé stessi, che imparino a confrontarsi con gli altri… Ogni tempo che vivono può essere accolto e trasformato; i giovani sono i protagonisti del loro tempo e possono fare la differenza se decidono di ‘starci”. Ha poi aggiunto di non aver plasmato nessuno ma di aver cresciuto tanti giovani incontrati in parrocchia, in cui rivede “un pezzettino di me: sono stata cresciuta e cambiata dal cammino fatto con loro”. Anna-Maria ha poi spiegato il senso profondo del suo “fare”: “Tutto ciò che passa dalle mani arriva in testa e in mezzo c’è il cuore. Solo quando si ama e c’è passione,c’è soddisfazione. Bisogna recuperare il lavoro con le mani per emozionarsi. Le mie cose raccontano le storie di chi ci ha preceduto: una volta se andava male la cottura di un vaso andavano in fumo mesi di lavoro. Oggi il lavoro è cambiato tantissimo, ma anche adesso ogni pezzo fatto a mano ha una forza emotiva, è frutto di un’esperienza, di un’uscita”. Per entrambe fondamentale è stata la famiglia: per Anna-Maria si è trattato dei genitori ma anche del marito e della figlia, “ci siamo plasmati a vicenda”, per Annamaria di uno zio missionario comboniano, che ha fatto sorgere in lei l’amore per l’Africa, e dei genitori, con cui vive e che ora son anziani. “Mamma ha l’Alzheimer: nella malattia è dolcissima e allegra. In questa dimensione io posso solo farmi portare da lei, non sono io che conduco. Se io danzo con lei lascio che sia la vita a portarmi da qualche parte”. Annamaria, che ama i concetti di pieno e di vuoto, si è detta affascinata dal lavoro di Anna-Maria che “con il manipolare l’argilla dà un confine al vuoto: il vuoto può restare così ma può essere anche riempito”.Idea che è ritornata anche nella preghiera finale allo Spirito Santo che ha scelto, che in un passaggio dice: “Padre, riempia il tuo Spirito la vita di ognuno di noi, riempia i nostri cuori, la nostra comunità trabocchi di amore…”. Anna-Maria ha optato, invece, per una preghiera in relazione alla terra, che ad un certo punto recita così: “La terra è Tua figlia perché lì vivono i Tuoi figli”. La serata si è conclusa con lo scambio reciproco dei doni: Anna-Maria ha portato una campanella artigianale dal suono squillante, Annamaria un’immagine emozionante che rappresenta la Madonna, proveniente dal Togo.
Simona Mengascini
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