le vite “in ascolto” di Barbara, Francesca e Marzia

Continuano gli incontri estivi al Santuario, dove, all’interno del progetto “Spazi di fraternità”, si svolge, ogni giovedì di luglio, la “Cena con narrazione” di cui sono protagoniste, quest’anno, delle donne “sconvolgenti” (cfr Lc 24,22). Il tema di questa settimana era “l’ascolto” e a conversare tra di loro e con il pubblico sono state Barbara Rossi, neuro-psichiatra del Centro di salute mentale di Fermo e madre di due adolescenti, Francesca Russo, della Fraternità Tenda del Magnificat, attualmente in una comunità a San Benedetto del Tronto e Marzia Rogante, psicoterapeuta, consacrata nell’Ordo Virginum, che vive da sola nel suo personale “eremo”, in un appartamento al quarto piano di una palazzina a Porto Sant’Elpidio. Tutte, nel corso della loro vita hanno avuto quel particolare atteggiamento di “ascoltare con il cuore” richiamato nel Messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2022 (24 gennaio 2022), quando ancora infuriava la pandemia, letto a inizio serata. Fin dal biblico “Shemà Israel – Ascolta Israele” (Dt 6,4) l’ascolto è dimensione fondamentale e costitutiva della relazione tra Dio e l’umanità, e non solo, che fa dire al pontefice che, a livello pastorale, l’opera più importante è “l’apostolato dell’orecchio” perché “dare un po’ del proprio tempo per ascoltare le persone è il primo gesto di carità”. L’ascolto, prima di tutto di se stessi e poi degli altri, comincia da piccoli e in famiglia, come hanno testimoniato Barbara, Francesca e Marzia: la prima, che ha una sorella disabile, ha ascoltato prima l’angoscia della madre, crescendo con la terribile domanda “perché alla mia famiglia?”, poi ha imparato ad ascoltare, di quella sorella che ha camminato solo dopo i 4 anni, “il suo passo” e “il suo silenzio”, visto che non parla, fino a fare, insieme, il “giro del mondo”; Francesca a soli 10 anni si è trovata a difendersi dalle pressioni di un padrino diventato ateo che voleva convincerla a non fare la Cresima: lei è riuscita a dire che “io in Dio credo perché di lui mi hanno parlato persone di cui mi fido” e ha capito che in quel momento “Dio ha ascoltato il mio grido”; Marzia che ha avuto un fratello morto tre anni prima della sua nascita, ha “ascoltato” la sofferenza silenziosa della madre, che si rifiutava di parlare di questo argomento, e la solita, bruciante domanda, “perché?” che l’hanno portata a sua volta a essere depressa e non ascoltata. Più avanti rispondendo ad alcune domande ha sottolineato che “dovremmo parlare di tutto in famiglia, senza tabù e dobbiamo ascoltare non solo le parole ma gli altri linguaggi”. Francesca nel suo intervento ha parlato proprio del “dare spazio al grido che hanno dentro le persone. A volte il grido si manifesta nel silenzio del corpo. Gridano i malati, gridano i muti, gridano i morti: ascoltare questo grido riempie la mia vita”. Barbara, che di formazione è una neuropsichiatra infantile, da 15 anni, per lavoro, si occupa di ascoltare i pazienti adulti, ne ha contati almeno 400: ma non basta ascoltarli “occorre dare un senso a questo ascolto. Un giorno mi chiama la sorella di una paziente che seguivo, mi dice che aveva dormito in macchina davanti al cimitero e non si voleva muovere da lì. Io e l’infermiera siamo partite e poi, parlando con lei, ho scoperto che era il 18° anniversario della nascita e morte della figlia: a quel punto sono riuscita a convincerla a uscire e l’ho portata sulla tomba della piccola a pregare insieme: poi, senza obbligarla con il TSO, si è ricoverata di sua volontà. È importante accogliere la storia di chi hai davanti”. Marzia ha ricordato che la sua sofferenza è diventata, poi nel tempo, sensibilità verso la sofferenza degli altri “da piccola voleva fare prima il medico, poi la missionaria: negli anni ho capito che la mia era un altro tipo di missione; si è ristretto il campo e allargato il cuore. Svolgo la mia missione nel mio lavoro di psicoterapeuta”. Per lei il momento di svolta è stato quando la frase “Dio è amore”, che sentiva all’interno del Movimento dei Focolari, a cui si era avvicinata intorno ai 13-14 anni, non era più solo una cosa che capiva con la testa ma che sentiva con il cuore: “Ho cominciato a percepire intimamente l’amore di Dio, sentivo tenerezza e compassione. Oggi esistono psicoterapie basate sulla compassione, ho studiato queste teorie: la compassione mi è arrivata dalla fede e dalla scienza; nella fede trovo il perché, è sempre Cristo il mio perché, nella fede ho trovato il come, gli strumenti. Comunque neanche la fede ci dà tutte le risposte, però, nella mia esperienza, ha dato un senso alla sofferenza”. “Non mi chiedo più il senso della disabilità di mia sorella” ha fatto eco Barbara, sottolineando che ha molto più senso occuparsi delle sue esigenze pratiche e stare con lei. L’altro aspetto che riempie la vita di Francesca è senz’altro l’ascolto della Parola di Dio: “per me l’ascolto coincide con la vita – ha detto nella seconda parte dell’incontro – e l’ascolto vero è quando ti trasforma, quando ti incide nella carne”. Rispondendo a una domanda ha poi aggiunto che il fatto di consacrarsi non è stato per lei una scelta ma “la risposta a una domanda seria, aperta di Dio. Come si fa a rispondere? Ci vuole un po’ di follia, di incoscienza iniziale, poi le motivazioni vanno ritrovate e bisogna riscegliere. Occorre innamorarsi del Signore, amore che poi si concretizza in tante sfaccettature”. Per Barbara “l’ascolto è una necessità profonda, perché se esci da te stesso e ascolti un altro, hai modo di confrontarti e conoscerti e puoi rivedere il tuo punto di vista ed entrare in una dinamica relazionale. Purtroppo oggi, come dice padre Zanotelli, siamo fin troppo concentrati a guardare l’ombelico. Per i giovani l’altro non esiste, i social non hanno aiutato e la pandemia li ha distrutti”.

La serata, grazie anche al momento dell’aperitivo iniziale e della cena condivisa, è stata un grande esercizio proprio di ascolto e di relazione: a fare gli onori di casa il parroco don Emilio, e il vice parroco, don Mario, che risiede al Santuario, oltre che ad Amedeo, motore ed anima di questa iniziativa. Partecipanti variegati, come sempre, con la felice sorpresa della presenza di cinque ragazze provenienti da diverse città d’Italia, che si stanno preparando, con il CVM di Porto San Giorgio, a partire per il servizio civile all’estero, che svolgeranno in Etiopia e Tanzania, inserite in progetti di promozione sociale e lavorativa delle donne.

Prossimo appuntamento giovedì 18 luglio con la giornalista di cultura e religione islamica Asmae Dachan e con la cooperante internazionale di religione cattolica, l’irlandese Marian Lambert.

Simona Mengascini