Mercoledì 29 gennaio papa Francesco ha iniziato un uovo ciclo di catechesi sulle Beatitudini. Di seguito, il testo.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Iniziamo oggi una serie di catechesi sulle Beatitudini nel Vangelo di Matteo (5, 1-11). Questo testo che apre il “Discorso della montagna” e che ha illuminato la vita dei credenti anche di tanti non credenti. È difficile non essere toccati da queste parole di Gesù, ed è giusto il desiderio di capirle e di accoglierle sempre più pienamente. Le Beatitudini contengono la “carta d’identità” del cristiano – questa è la nostra carta d’identità -, perché delineano il volto di Gesù stesso, il suo stile di vita.
Ora inquadriamo globalmente queste parole di Gesù; nelle prossime catechesi commenteremo le singole Beatitudini, una a una.
Anzitutto è importante come avvenne la proclamazione di questo messaggio: Gesù, vedendo le folle che lo seguono, sale sul dolce pendio che circonda il lago di Galilea, si mette a sedere e, rivolgendosi ai discepoli, annuncia le Beatitudini. Dunque il messaggio è indirizzato ai discepoli, ma all’orizzonte ci sono le folle, cioè tutta l’umanità. È un messaggio per tutta l’umanità.
Inoltre, il “monte” rimanda al Sinai, dove Dio diede a Mosè i Comandamenti. Gesù inizia a insegnare una nuova legge: essere poveri, essere miti, essere misericordiosi… Questi “nuovi comandamenti” sono molto più che delle norme. Infatti, Gesù non impone niente, ma svela la via della felicità – la sua via – ripetendo otto volte la parola “ beati”.
Ogni Beatitudine si compone di tre parti. Dapprima c’è sempre la parola “ beati”; poi viene la situazione in cui si trovano i beati: la povertà di spirito, l’afflizione, la fame e la sete della giustizia, e via dicendo; infine c’è il motivo della beatitudine, introdotto dalla congiunzione “perché”: “Beati questi perché, beati coloro perché …” Così sono le otto Beatitudini e sarebbe bello impararle a memoria per ripeterle, per avere proprio nella mente e nel cuore questa legge che ci ha dato Gesù.
Facciamo attenzione a questo fatto: il motivo della beatitudine non è la situazione attuale ma la nuova condizione che i beati ricevono in dono da Dio: “perché di essi è il regno dei cieli”, “perché saranno consolati”, “perché erediteranno la terra”, e così via.
Nel terzo elemento, che è appunto il motivo della felicità, Gesù usa spesso un futuro passivo: “saranno consolati”, “riceveranno in eredità la terra”, “saranno saziati”, “saranno perdonati”, “saranno chiamati figli di Dio”.
Ma cosa vuol dire la parola “ beato”? Perché ognuna della otto Beatitudini incomincia con la parola “beato”? Il termine originale non indica uno che ha la pancia piena o se la passa bene, ma è una persona che è in una condizione di grazia, che progredisce nella grazia di Dio e che progredisce sulla strada di Dio: la pazienza, la povertà, il servizio agli altri, la consolazione … Coloro che progrediscono in queste cose sono felici e saranno beati.
Dio, per donarsi a noi, sceglie spesso delle strade impensabili, magari quelle dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte. È la gioia pasquale di cui parlano i fratelli orientali, quella che ha le stimmate ma è viva, ha attraversato la morte e ha fatto esperienza della potenza di Dio. Le Beatitudini ti portano alla gioia, sempre; sono la strada per raggiungere la gioia. Ci farà bene prendere il Vangelo di Matteo oggi, capitolo quinto, versetto da uno a undici e leggere le Beatitudini – forse alcune volte in più, durante la settimana – per capire questa strada tanto bella, tanto sicura della felicità che il Signore ci propone.