Papa Francesco ha dedicato in 3 udienze del mercoledì a delle catechesi sul sacramento della Confermazione: il 23 maggio 2018 (La testimonianza cristiana), il 30 maggio 2018 (Il sigillo dello Spirito) e il 6 giugno 2018 (Per la crescita della Chiesa). Le si allega.
Ha avviato, poi, con mercoledì 13 giugno, delle catechesi sui comandamenti.
Papa Francesco – nuovo ciclo di catechesi del mercoledì sulla Confermazione
Da mercoledì 23 maggio al 6 giugno 2018
1: La testimonianza cristiana (23 maggio 2018)
2: Il sigillo dello Spirito (30 maggio 2018)
3: Per la crescita della Chiesa (6 giugno 2018)
1. La testimonianza cristiana
(Piazza San Pietro – Mercoledì, 23 maggio 2018)
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Dopo le catechesi sul Battesimo, questi giorni che seguono la solennità di Pentecoste ci invitano a riflettere sulla testimonianza che lo Spirito suscita nei battezzati, mettendo in movimento la loro vita, aprendola al bene degli altri. Ai suoi discepoli Gesù ha affidato una missione grande: «Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo» (cf. Mt 5, 13-16). Queste sono immagini che fanno pensare al nostro comportamento, perché sia la carenza sia l’eccesso di sale rendono disgustoso il cibo, così come la mancanza o l’eccesso di luce impediscono di vedere. Chi può davvero renderci sale che dà sapore e preserva dalla corruzione, e luce che rischiara il mondo, è soltanto lo Spirito di Cristo! E questo è il dono che riceviamo nel Sacramento della Confermazione o Cresima, su cui desidero fermarmi a riflettere con voi. Si chiama “Confermazione” perché conferma il Battesimo e ne rafforza la grazia (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1289); come anche “Cresima”, dal fatto che riceviamo lo Spirito mediante l’unzione con il “crisma” – olio misto a profumo consacrato dal Vescovo –, termine che rimanda a “Cristo” l’Unto di Spirito Santo.
Rinascere alla vita divina nel Battesimo è il primo passo; occorre poi comportarsi da figli di Dio, ossia conformarsi al Cristo che opera nella santa Chiesa, lasciandosi coinvolgere nella sua missione nel mondo. A ciò provvede l’unzione dello Spirito Santo: «senza la sua forza, nulla è nell’uomo» (cf. Sequenza di Pentecoste). Senza la forza dello Spirito Santo non possiamo fare nulla: è lo Spirito che ci dà la forza per andare avanti. Come tutta la vita di Gesù fu animata dallo Spirito, così pure la vita della Chiesa e di ogni suo membro sta sotto la guida del medesimo Spirito.
Concepito dalla Vergine per opera dello Spirito Santo, Gesù intraprende la sua missione dopo che, uscito dall’acqua del Giordano, viene consacrato dallo Spirito che discende e rimane su di Lui (cf. Mc 1, 10; Gv 1, 32). Egli lo dichiara esplicitamente nella sinagoga di Nazaret: è bello come Gesù si presenta, qual è la carta identitaria di Gesù nella sinagoga di Nazaret! Ascoltiamo come lo fa: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4, 18). Gesù si presenta nella sinagoga del suo villaggio come l’Unto, Colui che è stato unto dallo Spirito.
Gesù è pieno di Spirito Santo ed è la fonte dello Spirito promesso dal Padre (cf. Gv 15, 26; Lc 24, 49; At 1, 8; 2, 33). In realtà, la sera di Pasqua il Risorto alita sui discepoli dicendo loro: «Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20, 22); e nel giorno di Pentecoste la forza dello Spirito discende sugli Apostoli in forma straordinaria (cf. At 2,1-4), come noi conosciamo.
Il “Respiro” del Cristo Risorto riempie di vita i polmoni della Chiesa; e in effetti le bocche dei discepoli, «colmati di Spirito Santo», si aprono per proclamare a tutti le grandi opere di Dio (cf. At 2, 1-11).
La Pentecoste – che abbiamo celebrato domenica scorsa – è per la Chiesa ciò che per Cristo fu l’unzione dello Spirito ricevuta al Giordano, ossia la Pentecoste è l’impulso missionario a consumare la vita per la santificazione degli uomini, a gloria di Dio. Se in ogni sacramento opera lo Spirito, è in modo speciale nella Confermazione che «i fedeli ricevono come Dono lo Spirito Santo» (Paolo VI, Cost. ap., Divinae consortium naturae). E nel momento di fare l’unzione, il Vescovo dice questa parola: “Ricevi lo Spirito Santo che ti è stato dato in dono”: è il grande dono di Dio, lo Spirito Santo. E tutti noi abbiamo lo Spirito dentro. Lo Spirito è nel nostro cuore, nella nostra anima. E lo Spirito ci guida nella vita perché noi diventiamo sale giusto e luce giusta agli uomini.
Se nel Battesimo è lo Spirito Santo a immergerci in Cristo, nella Confermazione è il Cristo a colmarci del suo Spirito, consacrandoci suoi testimoni, partecipi del medesimo principio di vita e di missione, secondo il disegno del Padre celeste. La testimonianza resa dai confermati manifesta la ricezione dello Spirito Santo e la docilità alla sua ispirazione creativa. Io mi domando: come si vede che abbiamo ricevuto il Dono dello Spirito? Se compiamo le opere dello Spirito, se pronunciamo parole insegnate dallo Spirito (cf. 1Cor 2, 13). La testimonianza cristiana consiste nel fare solo e tutto quello che lo Spirito di Cristo ci chiede, concedendoci la forza di compierlo.
2: Il sigillo dello Spirito
(Piazza San Pietro – Mercoledì, 30 maggio 2018)
Cari fratelli e sorelle,
proseguendo l’argomento della Confermazione o Cresima, desidero oggi mettere in luce l’«intima connessione di questo sacramento con tutta l’iniziazione cristiana» (Sacrosanctum Concilium, 71).
Prima di ricevere l’unzione spirituale che conferma e rafforza la grazia del Battesimo, i cresimandi sono chiamati a rinnovare le promesse fatte un giorno da genitori e padrini. Ora sono loro stessi a professare la fede della Chiesa, pronti a rispondere «credo» alle domande rivolte dal Vescovo; pronti, in particolare, a credere «nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e che oggi, per mezzo del sacramento della Confermazione, è in modo speciale a [loro] conferito, come già agli Apostoli nel giorno di Pentecoste» (Rito della Confermazione, n. 26).
Poiché la venuta dello Spirito Santo richiede cuori raccolti in orazione (cf. At 1, 14), dopo la preghiera silenziosa della comunità, il Vescovo, tenendo le mani stese sui cresimandi, supplica Dio di infondere in loro il suo santo Spirito Paraclito. Uno solo è lo Spirito (cf. 1Cor 12, 4), ma venendo a noi porta con sé ricchezza di doni: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e santo timore di Dio (cf. Rito della Confermazione, nn. 28-29). Abbiamo sentito il passo della Bibbia con questi doni che porta lo Spirito Santo. Secondo il profeta Isaia (11, 2), queste sono le sette virtù dello Spirito effuse sul Messia per il compimento della sua missione. Anche san Paolo descrive l’abbondante frutto dello Spirito che è «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5, 22). L’unico Spirito distribuisce i molteplici doni che arricchiscono l’unica Chiesa: è l’Autore della diversità, ma allo stesso tempo il Creatore dell’unità. Così lo Spirito dà tutte queste ricchezze che sono diverse ma allo stesso modo fa l’armonia, cioè l’unità di tutte queste ricchezze spirituali che abbiamo noi cristiani.
Per tradizione attestata dagli Apostoli, lo Spirito che completa la grazia del Battesimo viene comunicato attraverso l’imposizione delle mani (cf. At 8, 15-17; 19, 5-6; Eb 6, 2). A questo gesto biblico, per meglio esprimere l’effusione dello Spirito che pervade quanti la ricevono, si è ben presto aggiunta una unzione di olio profumato, chiamato crisma[1], rimasta in uso fino ad oggi, sia in Oriente che in Occidente (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1289).
L’olio – il crisma – è sostanza terapeutica e cosmetica, che entrando nei tessuti del corpo medica le ferite e profuma le membra; per queste qualità è stato assunto dalla simbolica biblica e liturgica per esprimere l’azione dello Spirito Santo che consacra e permea il battezzato, abbellendolo di carismi. Il Sacramento viene conferito mediante l’unzione del crisma sulla fronte, compiuta dal Vescovo con l’imposizione della mano e mediante le parole: «Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono»[2]. Lo Spirito Santo è il dono invisibile elargito e il crisma ne è il sigillo visibile.
Ricevendo in fronte il segno della croce con l’olio profumato, il confermato riceve dunque una impronta spirituale indelebile, il “carattere”, che lo configura più perfettamente a Cristo e gli dà la grazia di spandere tra gli uomini il “buon profumo” (cf. 2Cor 2, 15).
Riascoltiamo l’invito di sant’Ambrogio ai neoconfermati. Dice così: «Ricorda che hai ricevuto il sigillo spirituale […] e conserva ciò che hai ricevuto. Dio Padre ti ha segnato, ti ha confermato Cristo Signore e ha posto nel tuo cuore quale pegno lo Spirito» (De mysteriis7,42: CSEL 73,106; cf. CCC, 1303). È un dono immeritato lo Spirito, da accogliere con gratitudine, facendo spazio alla sua inesauribile creatività. È un dono da custodire con premura, da assecondare con docilità, lasciandosi plasmare, come cera, dalla sua infuocata carità, «per riflettere Gesù Cristo nel mondo di oggi» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 23).
[2] La formula “ricevere lo Spirito Santo” – “il dono dello Spirito Santo” ricorre in Gv 20, 22, At 2, 38 e 10, 45-47.
3: Per la crescita della Chiesa
(Piazza San Pietro – Mercoledì, 6 giugno 2018)
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Proseguendo la riflessione sul sacramento della Confermazione, consideriamo gli effetti che il dono dello Spirito Santo fa maturare nei cresimati, portandoli a diventare, a loro volta, un dono per gli altri. È un dono lo Spirito Santo. Ricordiamo che quando il vescovo ci dà l’unzione con l’olio, dice: “Ricevi lo Spirito Santo che ti è dato in dono”. Quel dono dello Spirito Santo entra in noi e fa fruttificare, perché noi poi possiamo darlo agli altri. Sempre ricevere per dare: mai ricevere e tenere le cose dentro, come se l’anima fosse un magazzino. No: sempre ricevere per dare. Le grazie di Dio si ricevono per darle agli altri. Questa è la vita del cristiano. È proprio dello Spirito Santo, dunque, decentrarci dal nostro io per aprirci al “noi” della comunità: ricevere per dare. Non siamo noi al centro: noi siamo uno strumento di quel dono per gli altri.
Completando nei battezzati la somiglianza a Cristo, la Confermazione li unisce più fortemente come membra vive al corpo mistico della Chiesa (cf. Rito della Confermazione, n. 25). La missione della Chiesa nel mondo procede attraverso l’apporto di tutti coloro che ne sono parte. Qualcuno pensa che nella Chiesa ci sono dei padroni: il Papa, i vescovi, i preti, e poi ci sono gli altri. No: la Chiesa siamo tutti! E tutti abbiamo la responsabilità di santificarci l’un l’altro, di avere cura degli altri. La Chiesa siamo noi tutti. Ognuno ha il suo lavoro nella Chiesa, ma la siamo tutti. Dobbiamo infatti pensare alla Chiesa come a un organismo vivo, composto di persone che conosciamo e con cui camminiamo, e non come a una realtà astratta e lontana. La Chiesa siamo noi che camminiamo, la Chiesa siamo noi che oggi stiamo in questa piazza. Noi: questa è la Chiesa. La Confermazione vincola alla Chiesa universale sparsa su tutta la terra, coinvolgendo però attivamente i cresimati nella vita della Chiesa particolare a cui essi appartengono, con a capo il Vescovo, che è il successore degli Apostoli.
E per questo il Vescovo è il ministro originario della Confermazione (cf. Lumen gentium, 26), perché lui inserisce nella Chiesa il confermato. Il fatto che, nella Chiesa latina, questo sacramento sia ordinariamente conferito dal Vescovo evidenzia il suo «effetto di unire più strettamente alla Chiesa, alle sue origini apostoliche e alla sua missione di testimoniare Cristo, coloro che lo ricevono» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1313).
E questa incorporazione ecclesiale è ben significata dal segno di pace che conclude il rito della crismazione. Il Vescovo dice, infatti, a ogni confermato: «La pace sia con te». Ricordando il saluto di Cristo ai discepoli la sera di Pasqua, colma di Spirito Santo (cf. Gv 20, 19-23) – abbiamo sentito -, queste parole illuminano un gesto che «esprime la comunione ecclesiale con il Vescovo e con tutti i fedeli» (cf. CCC, 1301). Noi, nella Cresima, riceviamo lo Spirito Santo e la pace: quella pace che dobbiamo dare agli altri. Ma pensiamo: ognuno pensi alla propria comunità parrocchiale, per esempio. C’è la cerimonia della Cresima, e poi ci diamo la pace: il Vescovo la dà al cresimato, e poi nella Messa, la scambiamo tra di noi. Questo significa armonia, significa carità fra noi, significa pace. Ma poi cosa succede? Usciamo e incominciamo a sparlare degli altri, a “spellare” gli altri. Incominciano le chiacchiere. E le chiacchiere sono guerre. Questo non va! Se noi abbiamo ricevuto il segno della pace con la forza dello Spirito Santo, dobbiamo essere uomini e donne di pace, e non distruggere, con la lingua, la pace che ha fatto lo Spirito. Povero Spirito Santo il lavoro che ha con noi, con questa abitudine del chiacchiericcio! Pensate bene: il chiacchiericcio non è un’opera dello Spirito Santo, non è un’opera dell’unità della Chiesa. Il chiacchiericcio distrugge quello che fa Dio. Ma per favore: smettiamola di chiacchierare!
La Confermazione si riceve una sola volta, ma il dinamismo spirituale suscitato dalla santa unzione è perseverante nel tempo. Non finiremo mai di adempiere al mandato di effondere ovunque il buon profumo di una vita santa, ispirata dall’affascinante semplicità del Vangelo.
Nessuno riceve la Confermazione solo per se stesso, ma per cooperare alla crescita spirituale degli altri. Solo così, aprendoci e uscendo da noi stessi per incontrare i fratelli, possiamo davvero crescere e non solo illuderci di farlo. Quanto riceviamo in dono da Dio dev’essere infatti donato – il dono è per donare – affinché sia fecondo, e non invece seppellito a motivo di timori egoistici, come insegna la parabola dei talenti (cf. Mt 25, 14-30). Anche il seme, quando noi abbiamo il seme in mano, ma non è per metterlo lì, nell’armadio, lasciarlo lì: è per seminarlo. Il dono dello Spirito Santo dobbiamo darlo alla comunità. Esorto i cresimati a non “ingabbiare” lo Spirito Santo, a non opporre resistenza al Vento che soffia per spingerli a camminare in libertà, a non soffocare il Fuoco ardente della carità che porta a consumare la vita per Dio e per i fratelli. Che lo Spirito Santo conceda a tutti noi il coraggio apostolico di comunicare il Vangelo, con le opere e le parole, a quanti incontriamo sulla nostra strada. Con le opere e le parole, ma le parole buone: quelle che edificano. No le parole delle chiacchiere che distruggono. Per favore, quando uscite dalla chiesa pensate che la pace ricevuta è per darla agli altri: non per distruggerla col chiacchiericcio. Non dimenticare questo.