Il Messaggio per la 47a Giornata Nazionale per la Vita ( 2 febbraio 2025)
«Trasmettere la vita, speranza per il mondo. “Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono
tue, Signore, amante della vita”. (Sap 11, 26)».
Celebriamo la 47a Giornata Nazionale per la Vita nel contesto del Giubileo: tale coincidenza ci
sollecita ad assumere l’orizzonte della speranza, poiché è nel segno della speranza che la Bolla
di indizione Spes non confundit (SnC) invita tutta la Chiesa a vivere l’anno di grazia del Signore.
- Perché credere nel domani?
Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli
che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle
malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere? Questa
grande “strage degli innocenti”, che non può trovare alcuna giustificazione razionale o etica, non
solo lascia uno strascico infinito di dolore e di odio, ma induce molti – soprattutto i giovani – a
guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per
rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli. - Si può fare a meno della speranza?
Gli esiti di tali atteggiamenti, umanamente comprensibili, pongono numerosi interrogativi.
Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i
problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la
fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità,
renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?
Il riconoscimento del “diritto all’aborto” è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà?
Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche
dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime
una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da
circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere?
Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo
piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di
conflitto? La logica del “se vuoi la pace prepara la guerra” riuscirà a produrre equilibri stabili e
armonia tra i popoli e tra gli stati, oppure, come spesso è accaduto in passato, le armi
accumulate – al servizio di interessi economici e volontà di potenza – finiranno per essere usate
e produrre morte e distruzione?
Abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei
deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o
all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte. - La trasmissione della vita, segno di speranza
La speranza si manifesta in scelte che esprimono fiducia nel futuro; ciò vale non solo per le
nuove generazioni: “Guardare al futuro con speranza equivale ad avere una visione della vita
carica di entusiasmo da trasmettere” (SnC 9). Una particolare espressione di fiducia nel futuro è
la trasmissione della vita, senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria
può avere un domani. In quanto credenti, riconosciamo che “l’apertura alla vita con una
maternità e paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha inscritto nel cuore e nel corpo
degli uomini e delle donne, una missione che il Signore affida agli sposi e al loro amore” (ibid.)
Tutti condividiamo la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo
dinanzi all’energia delle nuove generazioni. Ogni nuova vita è “speranza fatta carne”. Per
questo siamo vivamente riconoscenti alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della
vita e incoraggiamo le giovani coppie a non aver timore di mettere al mondo dei figli.
È urgente “rianimare la speranza” in questo particolare campo dell’esistenza umana, tanto
decisivo per l’avvenire: “il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della
fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla
speranza e genera speranza” (SnC 9).
- Pochi figli, troppi “pets”
Nel nostro Paese, come in molti altri dell’occidente e del mondo, si registra da anni un costante
calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine; alcune
indagini registrano anche un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani
generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione
di figli. Altri studi rilevano un preoccupante processo di “sostituzione”: l’aumento esponenziale
degli animali domestici, che richiedono impegno e risorse economiche, e a volte vengono vissuti
come un surrogato affettivo che appare assai riduttivo rispetto al valore incomparabile della
relazione con i bambini.
Tutto ciò è in primo luogo il risultato di una profonda mancanza di fiducia, che invece costituisce
l’ingrediente fondamentale per lo sviluppo della persona e della comunità; esso viene
pregiudicato dall’angoscia per il futuro e dalla diffidenza verso le persone e le istituzioni. La
“perdita del desiderio di trasmettere la vita” ha anche altre cause: “ritmi di vita frenetici, timori
riguardo al futuro, mancanza di garanzie lavorative e tutele sociali adeguate, modelli sociali in
cui a dettare l’agenda è la ricerca del profitto anziché la cura delle relazioni” (ibid.). - La rinuncia ad accogliere la vita
Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva
l’obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell’aborto, nel tempo abbiano generato nella
coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un
“diritto”, mentre “la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto
umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in
qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo” (Dignitas infinita 47).
Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una
scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto. Occorre pertanto
ringraziare e incoraggiare quanti si adoperano “per rimuovere le cause che porterebbero
all’interruzione volontaria di gravidanza […] offrendo gli aiuti necessari sia durante la gravidanza
che dopo il parto” (L. 194/78, art. 5), come i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in
Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini. - Genitori nonostante tutto
Va infine considerato un altro fenomeno sempre più frequente, quello del desiderio di diventare
genitori a qualsiasi costo, che interessa coppie o single, cui le tecniche di riproduzione assistita
offrono la possibilità di superare qualsiasi limitazione biologica, per ottenere comunque un figlio,
al di là di ogni valutazione morale.
Osserviamo innanzitutto che il desiderio di trasmettere la vita rimane misteriosamente presente
nel cuore degli uomini e delle donne di oggi. Le persone che avvertono la mancanza di figli
vanno accompagnate a una generatività e a una genitorialità non limitate alla procreazione, ma
capaci di esprimersi nel prendersi cura degli altri e nell’accogliere soprattutto i piccoli che
vengono rifiutati, sono orfani o migranti “non accompagnati”.
Questo ambito richiede una più puntuale regolamentazione giuridica, sia per semplificare le
procedure di affido e adozione che per impedire forme di mercificazione della vita e di
sfruttamento delle donne come “contenitori” di figli altrui. - L’impegno di tutti per la vita
L’impegno per la vita interpella innanzitutto la comunità cristiana, chiamata a fare di più per la
diffusione di una cultura della vita e per sostenere le donne alle prese con gravidanze difficili da
portare avanti. La Chiesa deve anche promuovere “un’alleanza sociale per la speranza, che […]
lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le
ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo” (SnC 5). Un’alleanza sociale che promuova la
cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità, della dignità
inalienabile di ogni essere umano e della responsabilità di contribuire al futuro del Paese
mediante la generazione e l’educazione di figli; che favorisca l’impegno legislativo degli stati per
rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci e stabili nel tempo; che
impegni ogni persona di buona volontà ad agire per favorire le nuove nascite e custodirle come
bene prezioso per tutti, non solo per i loro genitori. Tale alleanza può e deve essere inclusiva e
non ideologica, mettendo insieme tutte le persone e le realtà sinceramente interessate al futuro
del Paese e al bene dei giovani: se la questione della natalità dovesse diventare la bandiera di
qualcuno contro qualcun altro, la sua portata ne risulterebbe svilita e le scelte relative sarebbero
inevitabilmente instabili, soggette a cambi di maggioranza o agli umori dell’opinione pubblica.
- L’aiuto di Dio, “amante della vita”
La Scrittura ci presenta un Dio che ama la vita: la desidera e la diffonde con gioia in molteplici e
sorprendenti forme nell’universo da lui creato e sostenuto nell’esistenza; ama in modo
particolare gli esseri umani, chiamati a condividere la dignità filiale e ad essere partecipi della
stessa vita divina. Confidiamo pertanto nella grazia particolare di questo anno giubilare, che
porta il dono divino di “nuovi inizi”: quelli che il perdono offre a chi è prigioniero del suo peccato;
quelli che la giustizia porta a chi è schiacciato dall’iniquità; quelli che la speranza regala a chi è
bloccato dalla disillusione e dal cinismo.
Roma, 24 settembre 2024
Il Consiglio Episcopale Permanente
della Conferenza Episcopale Italiana